Partire dal Digital Service Act e dal Digital Market Act, proposti a dicembre dalla Commissione Ue di Ursula von der Leyen, per sviluppare una nuova normativa che costringerà i giganti del web a pagare le notizie degli editori europei, sulla falsariga del modello australiano.
È questo l’intento di alcuni europarlamentari, riportato dal Financial Times, che intendono rafforzare definitivamente la posizione degli editori del vecchio continente nei confronti degli OTT, per garantire il rispetto del diritto d’autore nel digitale e salvaguardare il futuro del giornalismo indipendente, già definito dalla Ue un bene primario per difendere democrazia e stato di diritto.
Anche l’Ue, quindi, intende inserire l’opzione di arbitraggi obbligatori per i contratti di licenza e l’obbligo per le aziende tecnologiche di informare gli editori dei cambiamenti su come classificano le notizie sui loro siti (i cambiamenti di algoritmo, per intenderci). È chiaro quindi che la normativa sul copyright varata nel 2019 (che introduceva l’obbligo in capo alle piattaforme di negoziare con gli editori il giusto compenso per l’informazione) non è sufficiente per la risoluzione del problema in rete. A dimostrarlo è la Francia, primo Paese Ue ad averla recepita, in cui si è dovuto ricorrere all’Antitrust per arrivare a un accordo tra le parti. Questo farebbe quindi pensare agli eurodeputati che la norma del 2019 abbia bisogno di un rinforzo, realizzabile solo con la negoziazione obbligatoria. Qualora le piattaforme si dovessero rifiutare, allora la palla passerebbe all’Antitrust.
C’è anche da dire che, però, molti Paesi Ue non hanno ancora recepito la Direttiva europea sul Copyright (Italia compresa) quindi alcuni eurodeputati vorrebbero aspettare di capire in che modo questo avvenga per poi lavorare di conseguenza.
Inutile spiegare perché sarebbe un duro colpo per Google e Facebook, in primis, che hanno già minacciato sia gli editori che gli utenti australiani, qualora la legge dovesse passare così com’è.
Nonostante tutto, però, la corretta remunerazione per i contenuti prodotti dagli editori e diffusi online rimane un punto caro a molti, ecco perché a Bruxelles c’è ottimismo, soprattutto se si considera che la norma australiana viene appoggiata da Socialisti e democratici (Pse), Renew, Verdi, sinistra (Gue) e da buona parte del Ppe. Una maggioranza sufficiente a far passare il testo, che dovrà poi essere approvato a maggioranza qualificata dai governi.
L’iter è lungo, serviranno almeno due anni per l’approvazione da parte del Parlamento e del Consiglio Ue, periodo in cui gli OTT proveranno con tutte le loro forze a bloccare sia il progetto australiano sia il DSA e il DMA europei.
Secondo Alex Saliba, eurodeputato (Socialisti e democratici) relatore sui servizi digitali, l’approccio australiano cerca di risolvere “il grosso sbilanciamento nel potere di contrattazione” tra editori e Big tech. Sandro Gozi, capofila sul dossier di Renew Europe (il partito Ue di Macron), aggiunge: “Siamo assolutamente convinti: devono pagare per le news e non credo proprio che come ritorsione potranno permettersi di lasciare l’Unione”.