Gli editori chiedono alla Commissione Ue ulteriori regole per delineare la concorrenza online

Non si arresta la battaglia degli editori Ue che, in una nota congiunta, chiedono alla Commissione europea di revisionare il Digital Market Act (DMA) e di aggiungere ulteriori regole per far rispettare alle piattaforme i diritti degli editori sulla diffusione dei loro contenuti sul web.

Il DMA, così come il DSA (Digital Service Act), mira a rafforzare il mercato unico europeo digitale, a chiarire e ad aumentare le norme sulla responsabilità dei servizi digitali e a garantire parità di condizioni per le piccole e medie imprese (PMI). Entrambi i progetti, quindi, avranno un impatto trasformativo sugli OTT e sui loro modelli commerciali. 

Il problema di fondo, chiarito più volte dagli editori europei, è la difficoltà delle imprese tradizionali a competere con le grandi piattaforme online americane e cinesi, con una politica di concorrenza che non permette ancora di affrontare i big. 

L’obiettivo della Commissione, quindi, è quello di migliorare la concorrenza e l’innovazione in tutto il mercato unico europeo digitale regolamentando gli OTT che, per ora, agiscono come guardiani nel settore dei servizi digitali. La Commissione auspica inoltre di attenuare lo squilibrio di potere attualmente esistente tra le piattaforme americane e le imprese europee. 

Quindi, tornando agli editori, EMMA ed ENPA chiedono alla Commissione Ue l’inserimento di regole più precise per ristabilire la giusta concorrenza sul mercato online. In particolare la richiesta verte sull’implementazione effettiva dell’art. 15 della direttiva europea sul copyright che garantisce il diritto degli editori di giornali su tutte le pubblicazioni online dei loro contenuti.

“Qualsiasi offerta aggressiva da parte di attori dominanti che dettano accordi di licenza ad ampio raggio agli editori di giornali è in contraddizione con l’applicazione del diritto degli editori”, ha spiegato Jean-Pierre de Kerraoul, presidente di ENPA.

Le associazioni gli editori, inoltre, invitano la Commissione Ue a prendere esempio dal modello di arbitrato elaborato dall’Autorità australiana per la Concorrenza e i Consumatori (Accc) che, in sostanza, stabilisce che se le piattaforme non hanno raggiunto un accordo per la retribuzione dei contenuti dopo tre mesi di negoziazione, un arbitro può imporre una somma vincolante. Un modello del genere, infatti, sarebbe perfetto per il DMA perché garantirebbe, come sottolinea Xavier Bouckaert, presidente di Emma, “che il monopolio nei motori di ricerca non possa più negare la retribuzione o imporre condizioni sleali per l’uso del diritto dell’editore”.