Si moltiplicano, per fortuna, gli interventi del Senatore Moles, Sottosegretario delegato all’Editoria. Dico per fortuna, perché ogni volta esprime un pensiero chiaro e corretto, anche nei suoi presupposti culturali e ideologici.
Ottiene, quindi, l’effetto di rimuovere qualche pensiero negativo sul rapporto tra il governo e la libertà di espressione, indotto da talune riflessioni che se non sono superficiali, sono in chiara malafede.
Disinformazione, appunto.
Il Senatore Moles, in occasione di un convegno in cui viene affrontato anche il tema delle fake news, mette in chiaro alcuni principi:
“Fake news e disinformazione non sono nate oggi, sono sempre esistite”.
Aggiungerei, per maggiore chiarezza, che sono esistite su qualunque mezzo e ad opera di tutti i soggetti che li hanno utilizzati. Nessuno escluso.
“Io aborro ogni forma di censura, soprattutto se deve venire dal governo, perché qualsiasi strumento normativo può essere utilizzato a buon fine oggi, ma in modo non democratico domani”.
Uno strumento normativo che intervenga sulla libera espressione nel senso di limitarla, anche se dichiaratamente per uno scopo di tutela dei lettori, negli Stati Uniti è vietato dalla Costituzione. Un tema del genere non andrebbe neanche posto, ma evidentemente qualche scienziato della comunicazione o della politica ha cominciato a ipotizzare una cosa del genere. Ecco perché Moles fa benissimo a mettere in chiaro la linea del governo.
Un’altra cosa andrebbe messa in chiaro, anche se sembra banale: se parliamo di disinformazione organizzata per scopi precisi, allora è una cosa, e si tratta di reati penali che vanno perseguiti senza indugio. Se, invece si tratta di disinformazione derivante da comportamenti poco attenti dei fruitori di internet, allora è un’altra cosa e si entra in un terreno assai scivoloso. Va bene l’educazione digitale, va bene segnalare le notizie palesemente false che vengono rilanciate in rete, ma la libertà di pensiero non può essere oggetto di valutazione sui contenuti, quando non siano evidentemente criminosi.
Ecco perché si entra in un terreno scivoloso.
“A breve avremo una serie di tavoli, mettendo insieme tutti quelli che si occupano di questo settore, anche della disinformazione”.
Va benissimo, soprattutto che si parli “anche” di disinformazione. Direi che sarebbe prioritario occuparsi delle nuove forme di informazione, magari lavorando insieme ad AGCOM, sulla base di uno studio dell’Autorità, mirato a comprendere la trasformazione della stampa generalista, locale e di nicchia. Capire, cioè, dove sia andata la stampa tradizionale e quali forme stia prendendo. Uno studio del genere aiuterebbe il governo, insieme ai rappresentanti del settore, a intervenire regolamentando, senza minimamente pregiudicare il diritto di tutti ad esprimersi in qualunque forma.