L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha presentato al Consiglio di Stato un ricorso alla sentenza del Tar del Lazio dello scorso 12 dicembre per annullare la sospensione del Regolamento AGCOM sull’equo compenso per l’utilizzo online, da parte delle Big Tech, delle pubblicazioni di carattere giornalistico.
Il Regolamento sull’equo compenso è stato approvato nel gennaio 2023 e pubblicato sul sito AGCOM in attuazione dell’art. 43 bis della legge n.633 del 22 aprile 1941, introdotto con il decreto legislativo n. 177/2021, che recepisce l’art. 15 della direttiva Ue sul Copyright (2019/790).
Il Consiglio di Stato dovrà decidere del futuro dell’editoria italiana online. Il ricorso dell’AGCOM vuole annullare la sospensione del Tar del Lazio e garantire uno strumento per gli editori per difendersi dagli OTT.
Meta, società madre di Instagram e Facebook, si è schierata contro il provvedimento dell’AGCOM che, sulla linea delle direttive Ue, ha varato un Regolamento rivolto a tutti gli attori dell’ecosistema digitale, anche ai grandi attori dell’editoria come gli OTT.
La sospensione del Regolamento da parte del Tar ha privato gli editori di uno strumento essenziale per difendersi e bilanciare il potere degli OTT. I grandi player come Amazon, Google, Facebook, hanno infatti il controllo su oltre il 75% della raccolta pubblicitaria online.
Secondo l’Avvocatura dello Stato, non si è considerato che, accogliendo l’istanza cautelare proposta da Meta, questa sospensione recherà danni a tutti i soggetti che la Direttiva copyright intende tutelare.
Nel ricorso al Consiglio di Stato si sottolinea che, tenuto conto che l’impugnata Delibera Agcom n. 3/23/CONS del 19 gennaio 2023 è sussumibile nella categoria degli atti amministrativi generali, deve ritenersi che la disposta sospensione produca effetti erga omnes.
“La sospensione dell’efficacia del Regolamento equo compenso erga omnes, oltre che del tutto immotivata, risulta anche totalmente sganciata da alcun bilanciamento degli opposti interessi, di fatto paralizzando (in carenza, lo si ribadisce, di alcuna giustificazione) nelle more della decisione delle questioni pregiudiziali da parte della Corte di Giustizia (che di regola ha una durata di circa un anno e mezzo, cui deve sommarsi il lasso temporale per la fissazione dell’udienza di merito), l’intera linea di attività dell’Autorità riconducibile al relativo quadro legislativo-regolamentare, privando al contempo gli editori della tutela accordata dall’ordinamento europeo, giacché verrebbe meno per un lasso di tempo indefinito ogni strumento atto a implementare l’articolo 15 della Direttiva copyright, e dunque, in definitiva, qualunque strumento di tutela ai fini della determinazione dell’equo compenso in caso di mancato accordo tra le parti”.
Pertanto, nel ricorso al Consiglio di Stato si sottolinea come la sospensione dell’efficacia del Regolamento sull’equo compenso determini un gravissimo danno alla tutela predisposta dall’ordinamento europeo all’intero settore editoriale a fronte della richiesta di un singolo operatore (Meta).
Articolo di T.S.
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