È noto a tutti, e oggetto di analisi da parte di molti esperti del settore, il veloce declino della stampa giornalistica cartacea, non in termini di qualità, sulla quale bisognerebbe aprire un diverso discorso, ma in termini di vendite e di ricavi pubblicitari.
È evidente che questo declino non consente di sostenere il sistema economico tradizionale del settore editoriale, e la triste vicenda dell’INPGI1 ne è la dimostrazione più lampante.
Altro discorso ancora sta nel capire se su questo declino rapido abbia inciso la struttura dei costi (principalmente del lavoro nelle imprese editoriali). Tuttavia, su questo ultimo aspetto, si registra una quasi totale assenza di riflessioni, come se si andasse a toccare un tasto dolente e una materia “scivolosa”.
Quindi lasciamo correre anche noi e dedichiamoci a un aspetto che non presuppone l’individuazione di responsabilità ma un’analisi proiettata verso il futuro.
Inutile recriminare, guardiamo avanti.
Al declino della carta stampata corrisponde una aumentata richiesta di informazione. Sono numeri, non chiacchiere. E tutto questo nel presupposto storico, sempre valido, dell’attitudine del nostro Paese, come di altri dell’Europa mediterranea, a produrre informazione in misura assai rilevante.
Tradizionalmente il mezzo utilizzato era il periodico, d’informazione locale, di informazione verticale. Migliaia e migliaia di periodici partecipavano a comporre il sistema dell’informazione, nella stragrande maggioranza dei casi senza una reale attenzione da parte dell’autorità pubblica o delle aziende che monitoravano il settore. In pratica, misuravano solo i prodotti editoriali della grande stampa, tant’è vero che quando si trattò, nel 2003, di enunciare i criteri per essere ammessi al credito di imposta sulla pubblicità incrementale (in quel periodo relativa alle aree depresse) il criterio enunciato dal Regolamento, per i periodici, era quello dell’iscrizione all’USPI, perché non c’era altro che potesse identificare questa stampa che contava un enorme numero di copie stampate e lettori.
Ovviamente anche questo settore è in calo ma come abbiamo visto, non è in calo la domanda di informazione che determinava la nascita di quei prodotti editoriali. E mentre prima, dovendo pubblicare un prodotto cartaceo, quei periodici venivano registrati in Tribunale e stavano nel sistema dell’informazione, dal punto di vista della riconoscibilità e delle regole, adesso su internet raggiungono molti più lettori, non vengono misurati esattamente come prima, e stanno fuori, nella maggioranza dei casi, dal sistema editoriale.
Eppure esistono e fanno informazione.
Ha ragione Moles, il legislatore arriva sempre in ritardo sullo sviluppo tecnologico e sulle sue conseguenze. Ma un passo avanti almeno, è quello di sapere dove cercare e di che cosa stiamo parlando.
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