In Australia la più alta corte del Paese ha stabilito che gli editori possono essere denunciati per diffamazione per i commenti pubblicati sotto ai post.
Decisione criticata da molti avvocati, che hanno accusato il Paese di non tenere il passo con il cambiamento tecnologico, a differenza ad esempio di Stati Uniti e Gran Bretagna, dove le leggi proteggono in gran parte gli editori da qualsiasi ricaduta per i commenti online.
La sentenza della Corte Suprema australiana
La Corte ha scritto a chiare lettere che i media che gestiscono pagine social traggono profitto dall’engagement e quindi sono responsabili dei contenuti postati dai lettori nei commenti.
Gli editori avevano precedentemente mosso l’obiezione secondo la quale il contenuto originale del post non era diffamatorio e l’editore non può esercitare un controllo preventivo sui commenti dei lettori. Ma inutilmente. La Corte Suprema ha definitivamente stabilito che l’editore, pubblicando un post su Facebook, ne incoraggia la condivisione e l’engagement attraverso i commenti come parte integrante della propria strategia commerciale e quindi ne è pienamente responsabile.
Quindi il precedente giuridico è stabilito e rischia di avere effetti a catena per tutto il sistema di moderazione dei commenti sulle piattaforme social. Mentre in Europa si cerca di stabilire la reale responsabilità delle piattaforme nei confronti dei contenuti presenti su esse, questa decisione rimanda totalmente all’editore tale responsabilità, con Facebook e gli altri grandi player che continuano a rivendicare la propria neutralità tecnologica di piattaforme distributive di materiale sul quale declinano ogni responsabilità penale.
Le reazioni
Proprio per questo motivo, la Cnn ha chiuso il suo account Facebook in Australia. È stato il primo media a ricorrere a una soluzione così drastica ma d’altronde aveva già ricevuto un rifiuto da Menlo Park a cui aveva chiesto di disabilitare la possibilità di lasciare commenti ai propri post.
“Siamo delusi dal fatto che Facebook, ancora una volta, non sia riuscito a garantire la sua piattaforma come luogo di giornalismo credibile e di dialogo produttivo tra i suoi utenti”, ha riferito un portavoce dell’organo di informazione, confermando il regolare aggiornamento delle news sui propri canali.
Gli altri media australiani hanno già chiarito che, secondo loro, questo provvedimento va a complicare il rapporto con le altre big del web, reso già difficile dopo che il Parlamento ha approvato il codice per le notizie digitali che obbliga Facebook e Google a negoziare con gli editori il pagamento dei contenuti che vengono pubblicati sulle piattaforme digitali.