AGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), tramite la commissaria Elisa Giomi, ha avviato una valutazione sulla nuova proposta dello European Media Freedom Act (EMFA).
Due rimangono le principali criticità: il tema della garanzia di pluralismo di voci all’interno del panorama informativo e il finanziamento ai media di servizio pubblico.
Mantenere il pluralismo all’interno del settore
Il documento europeo mette in luce il rapporto che intercorre fra la pluralità informativa e il rapporto con le piattaforme. Inoltre vuole evidenziare l’integrità dei contenuti dei fornitori di servizi media.
A questo proposito, secondo il Regolamento, le piattaforme dovrebbero verificare lo status dell’utente come fornitore di servizi media, per controllare una serie di requisiti. In particolare, EMFA vorrebbe accertarsi dell’indipendenza dell’utente/fornitore di servizi media da qualsiasi Stato membro dell’Unione. La mancata soddisfazione dei requisiti può significare l’oscuramento dei contenuti prodotti dall’utente o, addirittura, la chiusura dell’account.
Secondo Giomi, questa disposizione lascerebbe un amplissimo margine di libero arbitrio alle piattaforme. In più, alle stesse è affidato un compito di verifica che dovrebbe spettare allo Stato.
Il sostentamento del settore dell’informazione
La salvaguardia del pluralismo di informazione e nell’informazione dipende anche dalla condizione di indipendenza economica e dalla capacità di stare sul mercato da parte delle imprese editoriali.
EMFA e Giomi riconoscono il rischio di perdita d’indipendenza per quei soggetti che si trovano molto vicini alle istituzioni e particolarmente dipendenti dal finanziamento pubblico.
“La trasparenza, la proporzionalità e non discriminatorietà sono principi cardine nei rapporti tra fornitori di servizi media e soggetti pubblici in tema di assegnazione della pubblicità di Stato” sostiene la commissaria.
Il compenso per i contenuti online
L’EMFA tocca anche il tema centrale della remunerazione per lo sfruttamento dei contenuti editoriali sulle piattaforme.
Il Regolamento mostra che i ricavi della pubblicità online per due terzi vanno alle piattaforme digitali, un terzo agli editori tradizionali. Stabilire un equo compenso per le testate tamponerebbe la perdita di introiti diretta (perché gli OTT ospitano un contenuto prodotto da terzi) e indiretta (poiché dirottano su di sé la pubblicità online).
In conclusione, Giomi riflette sul fatto che l’EMFA non può non essere solo che l’inizio di un più ampio processo legislativo. La commissaria puntualizza che: “L’esperienza recente ci ha mostrato che un tale processo può essere relativamente breve […] ma bisogna intervenire con cura quando si regola il pluralismo”.
Articolo di Y.F.B.