Unione Europea

Digital Market Act: editori europei chiedono “rafforzamento dei testi” per arginare OTT

Conosciamo il Digital Market Act (DMA) come la proposta avanzata dall’Europa per migliorare la regolamentazione del mercato unico europeo per i servizi digitali con lo scopo di garantire parità di condizioni per le piccole e medie imprese (PMI).

Ma gli editori Ue, tramite le associazioni EMMA e ENPA, avanzano una chiara richiesta al Consiglio Europeo, in procinto di discutere la proposta di legge sui mercati digitali: No al DMA, almeno così com’è ora. 

Le motivazioni degli editori

“Il Digital Market Act è stato presentato come la risposta dell’Ue alla concorrenza sleale e alle prassi abusive delle piattaforme digitali dominanti (le cosiddette gatekeeper)”, scrivono in una nota congiunta le due associazioni. L’obiettivo era di “creare mercati digitali equi ed incoraggiare la concorrenza in Europa attraverso la loro regolamentazione”, affrontando gli “attuali squilibri di mercato causati dai gatekeeper e ripristinando delle condizioni di parità”. 

Ma, per gli editori, le bozze presentate risultano lontane dal raggiungimento di tali obiettivi. 

La richiesta al Consiglio Ue

La proposta avanzata da EMMA e ENPA è quindi quella di rafforzare “notevolmente” le proposte, come suggerito anche da alcuni Stati al Consiglio Ue. 

“Se l’Europa vuole mantenere la propria sovranità digitale ed essere davvero pronta all’era digitale, è essenziale che i co-legislatori si impegnino ora in un sostanziale rafforzamento dei testi. L’Ue non può restare inattiva e priva di ambizioni, mentre i mercati digitali vengono soffocati da una manciata di aziende con un potere e un’influenza senza precedenti”, scrivono le associazioni. 

Altrimenti il rischio sarà, secondo loro, un’ulteriore compressione dei diritti dei cittadini europei da parte delle piattaforme digitali e poche opportunità di crescita per le aziende europee sui mercati digitali. 

“Non può essere nell’interesse della Commissione europea o degli Stati membri perseguire un approccio così miope che priverebbe l’Europa di una regolamentazione adeguata alle esigenze future e rafforzerebbe solo quelle piattaforme che intende regolamentare. Non è il momento dell’opportunismo politico”, concludono.

Irene Vitale

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