HB20, questo il nome della legge controversa che è entrata in vigore in Texas lo scorso 11 maggio. In parole povere, la nuova normativa permette agli iscritti dei social network di citare in giudizio una piattaforma se questa censura post o sospende il profilo per ragioni politiche.
Lo scorso anno era stata bloccata in un tribunale grazie a una specifica rischiesta di NetChoice e della Computer and Communications Industry Association (CCIA), gruppi che rappresentano fra gli altri Meta, Twitter e Google.
L’approvazione, invece, è arrivata dopo che la Corte d’appello degli Stati Uniti ha sospeso l’ingiunzione.
Nel dettaglio, la legge vale per tutti i servizi web che hanno più di 50 milioni di iscritti mensili attivi e si basano principalmente sui contenuti generati dagli utenti.
HB20 non ha valore retroattivo, intende gestire tutte quelle controversie nate dall’11 maggio in poi, che riguardano le decisioni prese dai social e altre piattaforme.
Dopo l’approvazione della legge texana, comunque, gli Over The Top non mollano la presa. Sono già tornati all’attacco, rivolgendosi alla Corte suprema per bloccare nuovamente la legge sui media. Secondo le Big Tech, la HB20 impedirebbe loro di rimuovere discorsi di odio ed estremismi.
Definendo la legge “incostituzionale”, i legali di NetChoice sono convinti che la norma li costringerebbe a ospitare contenuti in violazione alle loro politiche e ai diritti del Primo emendamento.
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