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Privacy online: Google semplifica la deindicizzazione, ora servono regole

Tutelare gli utenti online eliminare i casi di doxxing. Queste le motivazioni alla base della decisione di Google di semplificare la deindicizzazione, ampliando le ipotesi in cui può essere richiesta direttamente dall’utente.

Le nuove regole sono contenute nella Guida alla rimozione delle informazioni di Google: “Siamo consapevoli del fatto che a volte gli utenti potrebbero voler rimuovere dei contenuti che li riguardano e che trovano sulla Ricerca Google. In alcuni casi, Google potrebbe rimuovere i link alle informazioni dalla Ricerca Google”.

Il doxxing, l’attività persecutoria che consiste nella pubblicazione ossessiva di dati e contenuti riferibili ad uno specifico utente, è sempre più dilagante sul web. L’utente va quindi tutelato, soprattutto da Big G, ma con delle limitazioni.

Le eccezioni

In particolare, le informazioni ed i risultati disponibili su siti istituzionali potrebbero non essere deindicizzati per tutelare il diritto di critica o di cronaca. Per queste ipotesi, infatti, restano valide le procedure legate all’esercizio del diritto all’oblio.

Rimane saldo il fatto che Google non può imporre la cancellazione dei dati ai siti web che li hanno pubblicati. Può deindicizzarli, ovvero renderli meno visibili.

I dati tutelati

Invece, possono essere rimosse da Google le immagini personali intime o esplicite non consensuali, contenuti pornografici falsi pubblicati senza autorizzazione.

Tutte le informazioni che consentono l’identificazione personale (PII) o contenuti di doxxing specifici, e contenuti pornografici non pertinenti mostrati in corrispondenza del nome di un utente.

Google, inoltre, “rimuove contenuti anche per motivi legali specifici, quali segnalazioni di violazioni del copyright ai sensi del DMCA (Digital Millennium Copyright Act) e immagini pedopornografiche”.

Il monopolio di Big G e l’assenza del legislatore

In tutto questo panorama si percepisce però l’assenza del legislatore statale o comunitario. Sono loro a dover regolamentare la gestione dei contenuti della rete globale.

Avendo il pieno controllo della propria piattaforma e non dovendo rispettare alcuna regolamentazione in materia, Google, come altri OTT, potrebbe cambiare le carte in tavola in un qualsiasi momento.

Irene Vitale

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