Gli editori britannici sono sempre più sicuri che il governo di Boris Johnson farà passare una legislazione in stile australiano che costringerà Google e Meta a pagare per le notizie.
Secondo quanto riportato da Press Gazette, l’UK vuole intervenire sul fronte della regolazione delle Big Tech per restare al passo con altri Paesi che si stanno muovendo in questa direzione (tra cui molti Stati dell’Ue, l’Australia, gli USA e il Canada).
Proprio sul modello dell’Australia, prima ad adottare un codice di condotta per costringere i big del web a pattuire con gli editori un equo compenso, il Regno Unito potrebbe presto presentare disegni di legge finalizzati a migliorare la competizione nel digitale.
I nuovi interventi inglesi
Il governo inglese sta lavorando su due provvedimenti: l’Online Safety Bill e il Digital Competition Bill.
Il primo progetto di legge, già in avanzato stadio di discussione, riguarda la sicurezza online e impone alle piattaforme delle regole comportamentali nei confronti degli utenti, richiedendo loro di agire contro i contenuti illegali e dannosi. Questo disegno di legge è stato già ampiamente criticato dagli editori per i possibili risvolti in termini di limitazione della libertà di espressione.
Il Digital Competition Bill, invece dovrebbe includere un “codice di condotta” per regolamentare l’operato delle Big Tech in termini di mercato e costringerle a riconoscere pagamenti equi a fronte dei contenuti pubblicati dalle piattaforme. Probabilmente verrà riconosciuta la possibilità di sottoscrizioni collettive di accordi tra testate e Google e Facebook.
Il codice sarebbe poi supervisionato dalla Digital Markets Unit (DMU), un braccio di nuova formazione della Competition and Markets Authority (CMA), l’ente regolatore della concorrenza nel Regno Unito.
La nuova legislazione potrebbe essere annunciata a maggio, durante il discorso della Regina, e perciò dovrebbe arrivare in discussione in parlamento a cavallo tra il 2022 e il 2023.
Le richieste degli editori
Non è ancora chiaro se il provvedimento possa riferirsi solo agli editori di notizie, o eventualmente anche ai broadcaster.
E diversi editori auspicano che il provvedimento possa chiedere a Google e Meta di rivelare alcuni parametri che regolano i loro algoritmi o i dati di traffico, aiutando a determinare il prezzo da richiedere alle piattaforme. Altro auspicio è quello di portare avanti negoziati collettivi.
Intanto però, sembrerebbe quasi certo che il codice di condotta UK, come il modello australiano, preveda che ci siano trattative tra big del web e editori per concordare il pagamento dei contenuti.