L’editoria digitale non si distribuisce da sola e utilizza piattaforme di Google come Discover, Search e News per arrivare ai lettori.
Solo nel 2023 in Italia si stima un volume di affari intorno ai 100 milioni di euro generato da Google Discover per gli editori digitali. Le dinamiche dell’editoria non corrispondono più a quelle tradizionali: sono i nuovi sistemi di distribuzione online, il traffico di dati e di notizie, oltre ai ricavi pubblicitari a sostenere gli editori.
Con Google Discover, le pagine di informazione viste aumentano ogni anno sempre di più, arrivando a 45 miliardi nel 2023.
La visibilità ha, tuttavia, un costo: la dipendenza dai sistemi di distribuzione. Il 40% del traffico di un giornale online, infatti, passa da Google Discover, feed personalizzato di contenuti disponibile su mobile, fonte principale di traffico per moltissime testate.
Il restante 60% si ripartisce tra Google News (30%) e Google Search (15%) e altre fonti, tra cui social, Bing e Firefox (15%).
Dunque, è imprescindibile il ruolo di Discover nel sistema editoriale moderno. Il tool di Google utilizza infatti l’Intelligenza Artificiale (IA) per creare un flusso costante e aggiornato di notizie per ogni fruitore, monitorando interessi e spostamenti in rete e fornendo articoli più adatti per un’esperienza personalizzata.
Un approccio data-driven estremamente efficace che crea un legame specifico con il lettore, una vera e propria affiliazione con il canale di distribuzione e poi con le testate e le notizie.
Nonostante i lati economici positivi per gli editori, i rischi di questa dipendenza non riguardano solo i giornali. Infatti, un feed estremamente personalizzato potrebbe condurre il lettore in quella che viene chiamata “filter bubble”, ossia una bolla di filtraggio in rete, risultato di un sistema di iper-personalizzazione delle notizie.
Per questo, editori e giornalisti non possono più occuparsi “solo” del processo di scrittura di articoli ma devono imparare a destreggiarsi tra ottica SEO e algoritmi. Investire in queste nuove conoscenze tecnologiche e digitali e imparare a utilizzarla correttamente permette alle testate di saper navigare meglio i canali di distribuzione regolati dagli OTT e avere un successo più costante.
Nonostante questi moniti, persiste il problema più importante di tutti: la diffusione di contenuti di bassa qualità. In un post pubblicato sul suo blog, Google sosteneva che con l’aggiornamento “March 2024 Core & Spam Update” si sarebbe ridotto il 40% del traffico dei contenuti di bassa qualità e non originali.
Contenuti che penalizzano testate e siti di notizie. Nel 2023, si è attestato un aumento esponenziale dei siti clickbait o di domini scaduti e poi riacquistati per produrre notizie facili e di scarsa qualità.
Nonostante le contromisure di Google, in uno studio di Press Gazette e Sistrix condotto su 70 media internazionali, sono circa la metà gli editori che hanno registrato una forte diminuzione di visibilità “post Core & Spam Update”. Una riduzione drastica, anche fino al 70% di traffico dati.
Bilanciare le tecniche SEO e le linee guida Google pur mantenendo un’informazione di qualità sembra una sfida sempre più complessa.
È fondamentale, quindi, un controllo più frequente e rapidi interventi anche manuali e specifici per proteggere gli editori di qualità. Inoltre, è necessaria una più stretta collaborazione tra Big Tech e istituzioni, quali AGCOM e l’Autorità Antitrust AGCM per combattere la disinformazione e la continua generazione di siti fraudolenti.
Articolo di T.S.
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