È in atto una rivolta vera e propria in Germania, contro Google e la sua intenzione di togliere i cookies di terze parti (cosiddetto scenario cookieless), molto probabilmente a partire dall’inizio del prossimo anno.
“Agli editori deve essere garantita la possibilità di chiedere ai propri lettori il consenso sui dati, senza che Google intercetti quella decisione. Google deve rispettare il rapporto tra editori e utenti senza interferire”, tuonano centinaia di imprese e di associazioni come quelle che riuniscono le aziende pubblicitarie e i principali editori tedeschi.
È stata presentata una protesta formale alla Commissione Ue per impedire a Google di proseguire con il progetto. L’obiettivo è far aprire un’indagine formale che porti a una condanna e a una multa salata, che potrebbe valere fino al 10% del fatturato globale del colosso di Mountain View.
Lo scenario cookieless
Dal 2023, data annunciata ma non ancora confermata, Big G ha intenzione di rimuovere i cookies di terze parti dal suo browser Chrome. In particolare, i cookies sono i dati che consentono a un sito di rintracciare le scelte di navigazione degli utenti e di orientare in base ad essi le offerte pubblicitarie.
Già quasi un anno fa, poco dopo il primo annuncio di Google, gli editori Ue si erano scagliati contro il motore di ricerca, spiegando che la novità avrebbe sconvolto il modello di business della stampa digitale.
I cookies, infatti, rappresentano una delle principali fonti di guadagno per l’editoria online, se non la principale.
La protesta tedesca
I gruppi editoriali hanno quindi scritto una lettera di 108 pagine alla Commissaria europea alla concorrenza, Margrethe Vestager, spiegando come e perché temono che l’iniziativa di Google danneggi i loro affari.
Secondo uno studio dell’Antitrust britannico gli editori online rischiano perdite fino al 70% dei loro introiti, quando i “gatekeeper” stoppano i cookies.
Ecco perché il progetto di Google è in discussione da due anni e le negoziazioni con i concorrenti e con i regolatori del mercato proseguono, ma in ogni caso Big G ha già messo a punto una possibile soluzione da proporre ai suoi utenti che risolva, almeno in parte, lo scenario che sta per aprirsi.