Aumenta l’abuso delle leggi contro la diffamazione, con conseguenti querele che comprimono la libertà di espressione. Lo certifica una ricerca dell’Unesco, pubblicata nella collana “World Trends Report on Freedom of Expression and Media Development” e riportata da Ossigeno.
Il reato di diffamazione nel mondo
La diffamazione, citata dal dossier, si configura come reato nell’80% dei Paesi e si è espansa considerevolmente in 44 Paesi, portando il totale a 160.
In particolare, essa è un reato in 39 dei 47 Paesi africani, in 38 Stati su 44 in Asia e Pacifico e in 29 dei 33 stati dell’America Latina e dei Caraibi.
Nell’Europa centrale e orientale, nella maggior parte dei 15 Paesi che prevedono la diffamazione come reato è previsto il carcere.
Le cause per diffamazione costituiscono un pericolo per chi pubblica “notizie scomode”, limitando i giornalisti e minacciando gli stessi diritti umani. Le querele sono spesso usate come arma contro il mondo dell’informazione, comprimento la libertà di stampa e aprendo spesso le porte del carcere ai giornalisti.
A queste si somma la pratica del “forum shopping“, ovvero la selezione del tribunale in cui intentare un’azione legale che contribuisce a limitare la libertà d’espressione.
Il dossier Unesco, quindi, denuncia i passi compiuti dagli Stati sul tema della libertà di stampa. Si segnala come, anziché adeguare le leggi agli standard richiesti dalle organizzazioni internazionali, si compiano significativi passi contrari e si autorizzino “procedure punitive“.
La situazione italiana
Il dato del dossier è che, nel mondo, “si fa un uso scorretto del sistema giudiziario” che ricalca appieno la situazione italiana.
Il presidente di Ossigeno sottolinea, infatti, come il documento mostri che “i problemi italiani che hanno conferito all’Italia il titolo di paese europeo con più giornalisti minacciati, in realtà si manifestano in molti altri paesi, anche se non sono documentati pubblicamente come da noi”.
Lo stesso Osservatorio, che si dedica al monitoraggio del mondo dell’informazione, aveva recentemente evidenziato la crescita delle minacce ai giornalisti italiani.
Molti altri aspetti riportano all’Italia, come l’appello alla depenalizzazione della diffamazione. Unesco, infatti, lo ritiene il primo passo da compiere, mentre “per le forze politiche italiane è il male assoluto da evitare, un tabù. Un fatto su cui riflettere”, commenta il presidente.
La soluzione e le problematiche di oggi
La soluzione per riportare il sistema in equilibrio, secondo la ricerca, sarebbe prestare maggiore ascolto alle raccomandazioni degli organismi sovranazionali. Governi, giornali ed editori dovrebbero orientarsi alla depenalizzazione della diffamazione, al fine di regolarla con il Codice Civile e punirla senza il carcere. Ad oggi, tuttavia, la diffamazione penale rimane nella maggior parte degli statuti dei Paesi di Europa occidentale e nord America, quasi sempre mantenendo le sanzioni detentive.
In Europa solo dieci Paesi hanno abolito tutte le disposizioni generali contro l’insulto, mentre la parziale depenalizzazione è presente in quattro. Molti altri hanno “imboccato la strada opposta”, inasprendo le norme sulla diffamazione anche a mezzo stampa e sull’ingiuria. Molte delle leggi promulgate per rafforzare la sicurezza informatica e per combattere le fake news hanno portato all’aumento delle cause civili per diffamazione.
Queste, secondo Ossigeno, sono comunque un pericolo per “la libertà di espressione e il lavoro dei giornali e dei giornalisti, per le richieste di risarcimento sproporzionate e i costi legali proibitivi“.
Articolo di C.C.