Pietro Guindani, Presidente Asstel-Assotelecomunicazioni, aveva già spiegato, durante un’intervista al Sole24Ore, che la dotazione che l’Italia intende mettere in campo, nell’ambito del Recovery Plan, nella parte relativa alla realizzazione delle infrastrutture a banda ultralarga, fibra e 5G, “è del tutto insufficiente” perché le infrastrutture digitali “sono la premessa indispensabile per la trasformazione digitale di imprese, Pa, turismo o agricoltura”.
Nel corso dell’audizione presso la Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati, il presidente di Asstel ha ribadito che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) destina ingenti risorse alla trasformazione digitale di settori privati e pubblici, ma sono insufficienti per la realizzazione delle reti a banda larga in misura omogenea sul territorio: “Senza le basi infrastrutturali diventa molto difficile dare ai cittadini un equo accesso ai servizi innovativi digitali. In questo modo si pone in misura preoccupante la questione del digital divide, che invece di essere ridotto dall’avvento del 5G rischia di ingigantire le disparità attualmente presenti in tutto il Paese. Serve coesione e collaborazione”.
Poi Guindani propone quattro iniziative a cui destinare le somme: “La prima è la necessità di velocizzare la costruzione delle reti 5G a livello nazionale. Poi coprire con connessione broadband fissa quel 45% della popolazione italiana che vive nelle aree grigie e, ancora con maggiore urgenza, il 17% dei civici che è privo di qualsivoglia tecnologia a banda larga. Bisogna poi finanziarie la ricerca e sviluppo nel settore delle reti ad alta capacità, in particolare il 5G, per sviluppare software e app per i consumatori. Infine, incentivare fiscalmente le imprese che investono in reti veloci private, destinate a singoli insediamenti produttivi, connessi al 5G e alla fibra. Attività peraltro già in parte integrate nelle linee guida dell’Industria 4.0″.
Per permettere al 5G di essere realmente un vettore di innovazione per l’Italia, occorre realizzare un accesso equo ai servizi, ecco perché, secondo il presidente di Asstel, “dobbiamo considerare l’infrastruttura di rete come le fondamenta di un edificio. Non si può pensare realisticamente di dare a milioni di cittadini, imprese, artigiani, operatori e partite Iva, accesso a piattaforme pubbliche digitali in assenza di una copertura omogenea dell’intero territorio nazionale”.
Le misure indirizzate a promuovere la diffusione delle reti a banda ultra-larga VHCN (Very High Capacity Network) prevedono lo stanziamento di 4,2 miliardi di euro, inclusi 900 milioni di euro destinati al monitoraggio satellitare. Nello specifico, l’importo effettivamente allocato alle reti a banda ultra-larga ammonta a 3,3 miliardi di euro, di cui 1,1 già impegnati per l’attuazione delle misure avviate dal COBUL – Comitato per la diffusione della Banda Ultralarga –, composto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero per la Pubblica Amministrazione, dal Ministero per gli Affari Regionali e Autonomie, dal Ministero per il Sud e la Coesione territoriale, dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, dal Presidente della Conferenza delle regioni e delle Province autonome e da Infratel Italia, società in house del MiSE, per l’attuazione e il monitoraggio della strategia. Quindi, “le risorse effettive scendono a 2,2 miliardi, di cui 1,1 già stanziati per la copertura delle cosiddette aree grigie e bianche del Paese. Restano dunque solo 1,1 miliardi di euro, insufficienti per le infrastrutture necessarie alla trasformazione digitale di imprese e pubblica amministrazione“, ha concluso Guindani.