Garante privacy, lo strapotere OTT e il rischio che “la democrazia degeneri in algocrazia”

Digitalizzazione, strapotere delle piattaforme, trasformazioni della privacy dall’inizio della pandemia. Questi i principali temi toccati dal Garante della Privacy, Pasquale Stanzione, nella Relazione annuale al Parlamento nella Sala della Regina della Camera. 

Il Garante ha insistito a più riprese sulla funzione sociale della privacy, un diritto “mai dispotico”, caratterizzato da “mitezza”, eppure più che mai centrale “in una congiuntura, come l’attuale, contraddistinta da rilevanti trasformazioni nel rapporto tra singolo e collettività, tra libertà e poteri, che rendono questa una stagione quasi costituente sotto il profilo della garanzia dei diritti”. 

Lo strapotere degli OTT

Per questo l’uso massivo di social network e di internet in generale, ha generato, secondo Stanzione, “l’accentramento progressivo, in capo alle piattaforme, di un potere che non è più soltanto economico, ma anche – e sempre più – performativo, sociale, persino decisionale”.

E se gli effetti dell’emergenza sanitaria sono destinati a durare nel tempo, il rischio è che “la democrazia degeneri in algocrazia”, il regime dell’algoritmo, il mondo degli iperconnessi ma sudditi. Un potere che arriva a sfociare nel “caporalato digitale”.

È quindi necessario elaborare e applicare una “strategia difensiva” rispetto ai big del web, “al loro pervasivo ‘pedinamento digitale’, alla supremazia contrattuale, alla stessa egemonia ‘sovrastrutturale’, dunque culturale e informativa, realizzata con pubblicità mirata e microtargeting”.

Essere consapevole “del valore dei propri dati è l’unico, effettivo baluardo – avverte Stanzione – contro il rischio della monetizzazione della privacy”. Il Garante, inoltre, si sofferma sulle “nuove vulnerabilità”, sulla dispersione dei dati in rete, sulle categorie più a rischio.

Nell’anno della pandemia, e del massiccio ricorso alle piattaforme online, l’impegno del Garante per la Privacy è stato volto in primo luogo ad “assicurare, da una parte, un funzionale trattamento dei dati – in particolare di quelli sulla salute – e, dall’altra, il rispetto dei diritti delle persone”, in una “costante opera di bilanciamento”.

Le azioni del Garante durante l’anno pandemico

In generale, il 2020 ha visto l’Autorità in campo sulle grandi questioni legate alla tutela dei diritti fondamentali delle persone nel mondo digitale: in particolare, le implicazioni etiche della tecnologia; l’economia fondata sui dati; le grandi piattaforme e la tutela dei minori; i big data; l’intelligenza artificiale e le problematiche poste dagli algoritmi; gli scenari tracciati dalle neuroscienze; la sicurezza dei sistemi e la protezione dello spazio cibernetico; il diffondersi di sistemi di riconoscimento facciale; la monetizzazione delle informazioni personali; il fenomeno del deep fake; il revenge porn.

Il giornalismo 

Stanzione tocca anche il tema del ruolo del giornalismo, che “deve assolvere al suo alto dovere di informazione nel rispetto del canone di essenzialità, senza cedere alla tentazione della spettacolarizzazione e del sensazionalismo che rischia di far degenerare la pietra angolare delle democrazie (la libertà d’informazione, appunto), in gogna mediatica”.

L’invito al governo

Alla fine della relazione, il Garante invita il governo a considerare la protezione dei dati come parametro essenziale nelle riforme indicate nel PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza, per favorire “un’innovazione sicura e perciò competitiva, perché scevra da rischi, oltre che non regressiva in termini di diritti e libertà”.