Editoria e Big Tech, tassare i grandi per garantire il pluralismo

Cinquanta gli esperti dispiegati dal governo francese per cercare di affrontare la crisi del settore editoriale. Con questa équipe, Emmanuel Macron, presidente della Repubblica francese, cerca, con un approccio concreto e mirato, di combattere i costanti numeri in negativo dell’editoria francese. 

In Francia, infatti, il governo sembra molto preoccupato del costante e veloce calo dei giornalisti nelle redazioni. Questo fenomeno sta indebolendo il pluralismo informativo e la sostenibilità economica dei media tradizionali. 

Tra le prime proposte degli esperti emerge l’ipotesi di introdurre una tassa sulle piattaforme digitali, una soluzione che potrebbe essere considerata anche in Italia.

Differenze Francia-Italia: cosa ci manca?

La tassa sulle grandi aziende tecnologiche internazionali avrebbe uno scopo fondamentale. Ridistribuire le risorse economiche nel settore dell’editoria, per riequilibrare un mercato che negli ultimi anni ha subito una trasformazione radicale. 

Infatti, gran parte degli introiti pubblicitari, che un tempo erano destinati agli editori tradizionali, si sono spostati verso le grandi piattaforme digitali, che spesso utilizzano i contenuti degli editori stessi senza un compenso adeguato

Il prelievo fiscale sugli OTT (Over The Top) potrebbe così contribuire a sostenere il settore, fornendo un supporto finanziario agli editori sulla base di criteri stabiliti per legge.

A livello europeo, un primo passo per affrontare questa problematica è stato fatto con la legge sull’equo compenso, che obbliga le piattaforme digitali a remunerare equamente gli editori per l’uso dei loro contenuti. Tuttavia, l’applicazione di questa normativa ha incontrato diverse difficoltà, in particolare in Italia. 

Nonostante il controllo dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), contenziosi giudiziari e offerte ritenute inadeguate da parte delle grandi piattaforme ne hanno rallentato l’attuazione. Questo è dovuto anche alla complessità burocratica delle norme, che spesso rende difficile la loro applicazione pratica.

La proposta francese, al contrario, presenta una modalità di intervento più diretta. In questo caso, lo Stato preleverebbe una parte degli utili delle grandi aziende del settore, per poi ridistribuirli tra gli editori, sostenendo così il pluralismo informativo. 

Con l’approvazione della legge 26 ottobre 2016, n. 198, l’Italia aveva già discusso questa misura. Il provvedimento prevede, infatti, che le grandi piattaforme e grandi fornitori internet contribuiscano al fondo per il pluralismo sulla base dei ricavi generati nel Paese. Tuttavia, nonostante la norma sia ancora in vigore, essa non è mai stata attuata.

In conclusione, il caso francese potrebbe rappresentare un modello per altri Paesi europei, compresa l’Italia, che hanno già intrapreso strade simili, ma che spesso si sono arenati tra difficoltà pratiche e resistenze politiche. 

Articolo di T.S.