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Censura social di Trump, Ue: “Una sorta di 11 settembre nello spazio informativo”

Non è rassicurante che le società private decidano de facto cosa ci è consentito vedere come utenti. Ma c’è una differenza tra i contenuti illegali, ciò che è dannoso, e ciò con cui noi esseri umani siamo semplicemente in disaccordo”.

Questa la dichiarazione della vicepresidente della Commissione Ue, Margrethe Vestager, sulla faccenda riguardante la messa al bando del Presidente USA uscente, Donald Trump, “bannato” da tutti i social nel giro di qualche giorno dopo le violenze di Capitol Hill. 

Il dibattito tra le Big Tech, i governi e le istituzioni europee è solo agli inizi. “L’aspetto interessante dell’esclusione” di Trump dalle piattaforme è “che, in tal modo, le società riconoscono di avere una responsabilità condivisa nel prevenire la diffusione di contenuti illegali”, ha proseguito Vestager. Da Bruxelles, quindi, il messaggio è chiaro: non possono essere i privati (o almeno non da soli) a regolamentare i contenuti sui social. 

È per questo che al vaglio delle istituzioni europee c’è, ormai da qualche settimana, il Digital Service Act, il quale prevede che le piattaforme spieghino “come moderano i contenuti”, stabiliscano “in termini chiari quali sono le regole” e informino “sulla decisione di sospendere un account”. Queste regole, se saranno adottate dagli Stati membri, “possono ispirare anche altri governi a livello internazionale”, ha spiegato un portavoce della Commissione Ue. 

Ogni utente ha il diritto di sapere per quale motivo i propri contenuti online siano oscurati, o il proprio profilo chiuso, per decidere in autonomia se fare ricorso. 

Per il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, l’8 gennaio scorso (giorno in cui Twitter ha chiuso fino a data da destinarsi il profilo di Trump) sarà ricordato come un momento cruciale nella vita delle piattaforme digitali: “Questa data rimarrà come riconoscimento da parte delle piattaforme” on-line “della loro responsabilità editoriale e del contenuto che trasmettono. Una sorta di 11 settembre nello spazio informativo“.

D’accordo anche Vera Jourova, vicepresidente Ue per la Trasparenza, secondo la quale “il fatto che le Big Tech possano rimuovere definitivamente un presidente degli Stati Uniti in carica sulla base di criteri poco chiari e senza supervisione può essere pericoloso per la libertà di parola“. 

La linea ufficiale della Commissione Ue, quindi, è quella di “conciliare il rispetto dei diritti fondamentali con una maggiore responsabilità delle piattaforme social”, per questo “c’è la necessità di una maggiore regolamentazione” del mondo online da parte dei governi.  

Irene Vitale

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