L’autore Beta – parte IV

Rischi, cultura e mentalità

Alcuni amici, commentando gli articoli precedenti sullo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale (IA) e sulla conseguente produzione di contenuti (libri e articoli di giornale), hanno posto il tema dei rischi connessi allo sviluppo della tecnologia in generale e dell’IA in particolare, soprattutto in considerazione della prossima realizzazione del modello di smart city, cioè una città in cui tutto è connesso e alcune, se non tutte, le attività pubbliche sviluppate in digitale e con l’ausilio dell’IA.

Il dubbio di molti sta nella “progressiva contrazione degli spazi di libertà” determinata dal controllo totale dei sistemi tecnologici sui centri abitati.

Come si vede, il tema è enorme e io mi riferivo solo ed esclusivamente alla possibilità che l’IA diventasse autore di libri e di articoli.

Tuttavia, anche se in modo sintetico, posso esprimere un’idea generale, non tanto sul rapporto tra sviluppo tecnologico e libertà degli uomini ma sulla mentalità, sul metodo di ragionamento e sull’approccio “culturale” verso questo tipo di sviluppo.

Sono favorevole a ogni tipo di innovazione e penso, anzi, che tutti gli ostacoli alla crescita della tecnologia debbano essere rimossi perché, nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di ostacoli fondati su pregiudizi e ideologie e non hanno niente a che fare con la natura stessa dell’essere umano.

Ogni muro che viene costruito contro il progresso è una sconfitta per l’umanità e serve unicamente a ritardare conquiste che accrescono le nostre capacità di istruire, curare, nutrire, proteggere.

Aggiungo che se, come credo, lo scopo finale di ogni società strutturata è quello di favorire la piena libertà degli uomini, è bene che gli uomini manifestino e compiano le proprie libertà nel momento in cui esprimono la loro natura pienamente.

Perdonatemi, ma su questo sono sempre rimasto legato all’insegnamento di Aristotele: “Ogni uomo, per sua natura, desidera conoscere”.

Altra cosa è ritenere necessario che lo sviluppo tecnologico venga ad essere regolamentato affinché non si traduca in forme di oppressione culturale, informativa, commerciale o altro, tese a favorire questo o quel potere pubblico o privato. Questo è sacrosanto ma, per l’appunto, regolamentare vuol dire sviluppare, non bloccare. Aggiungo che tale regolamentazione deve avvenire sulla base di principi condivisi che fondano le nostre società. Più avanti parleremo delle cosiddette “camere d’eco” sotto un profilo esclusivamente “commerciale”. Tutto ciò che va al di là delle leggi, penali in particolare, non rientra nel nostro discorso, poiché è ovvio che la formazione di una camera d’eco di banditi, razzisti, seminatori di odio si pone al di fuori del perimetro della legalità ed è tutto un altro discorso.

Quindi, tornando al tema che avevo posto originariamente, bisogna distinguere: l’autore Beta di libri non fa altro che aggiungersi all’autore umano e a determinare una maggiore produzione di testi, soprattutto scientifici, che potranno essere utili per finalità di studio e di conoscenza in generale.

L’autore Beta “giornalista” pone invece il tema della progressiva sostituzione del redattore umano con quello tecnologico. Effettivamente, in una prospettiva non immediata, il tema esiste ed è, lo dico per l’ennesima volta, la naturale conseguenza di sempre della “macchina che sostituisce l’uomo”.

Non ci sarebbe da fermarsi qui, anche perché qualcuno paventa lo sviluppo delle “camere d’eco”, generate dall’unione dei contenuti prodotti dall’IA con il possesso dei dati riguardanti i gusti dei lettori. In realtà qui andiamo ad occuparci di un altro campo, che è quello del marketing, nelle sue forme più evolute, orientato al cliente e al mercato. Cioè, dare al lettore quello che vuole. Da sempre ognuno di noi sceglie uno o più giornali secondo i propri gusti, inclinazioni, opinioni politiche o sportive. Perché lo fa? Perché sa di trovare quello che gradisce leggere.

Il tema è che, al fondo di questi prodotti editoriali, vi sia il principio della verità dei fatti raccontati e delle fonti utilizzate.

Ma ci torneremo, evidentemente.