DSA e DMA dividono il Parlamento europeo, lavori a rilento

I lavori in Parlamento europeo per quanto riguarda il Digital Market Act e il Digital Service Act procedono a rilento. Molte le criticità che tengono ancora distanti gli eurodeputati. 

I due atti (DSA e DMA) sono stati presentati in Pe dalla Commissione europea nel dicembre scorso. Inizialmente la votazione del Parlamento estata stata fissata per il dicembre 2021, poi posticipata alla primavera 2022.

Ad oggi, sembrerebbe ulteriormente rimandata. Lo scopo di entrambi gli atti europei, lo ricordiamo, è quello di limitare le pratiche di mercato distorsive delle Big Tech ed il rapporto con il resto dei soggetti del settore editoriale. 

La discussione sul DMA

In particolare, sul Digital Market Act, il dibattito in seno alla commissione Mercato Interno al Parlamento europeo si concentra sui criteri per designare le grandi piattaforme gatekeeper

L’europarlamentare Evelyne Gebhardt (S&D) ha contestato la previsione di una soglia più alta a 80 miliardi di euro di fatturato o capitalizzazione in base a cui individuare i gatekeeper, che limiterebbe il campo d’applicazione alle sole Big Tech americane, i cosiddetti GAFA (Google, Amazon, Facebook e Apple)

Ci sono divergenze anche sulla governance, con i gruppi spaccati tra quanti vorrebbero rafforzare il ruolo delle autorità nazionali nell’esecuzione del regolamento e quanti preferirebbero affidarla alla Commissione per evitare ogni forma di frammentazione.

Resta aperta poi la questione della concentrazione e delle fusioni. Per il relatore Andreas Schwab (Ppe), “occorre trovare una soluzione che si allinei quanto più possibile alle normative esistenti” in modo da creare “una trasparenza che prima non esisteva”. 

Il dibattito sul DSA

Anche sul fronte del Digital Services Act le divergenze sono molteplici. 

Il primo tema in discussione riguarda la pubblicità mirata, tema trasversale che tocca anche il DMA.

L’eurodeputata, Arba Kokalari (Ppe) si è detta contraria a imporre un divieto sulla pubblicità personalizzata poiché potrebbe compromettere la crescita delle PMI: “Sono favorevole piuttosto a introdurre un obbligo di trasparenza e modi più user-friendly per uscire dalle profilazioni dei dati personali in linea con il GDPR”, ha detto Kokalari. 

C’è poi la questione della rimozione dei contenuti illegali. Adam Bielan (Ecr) ha sottolineato “l’importanza di riequilibrare la rimozione del contenuto con strumenti che fanno l’opposto”, ossia ripristinare i contenuti cancellati.

Infine, la tutela delle PMI. Attenzione a indirizzare alcuni provvedimenti solo verso i big, lasciando fuori le PMI. Questo aggravio di burocrazia potrebbe minare la competitività delle piccole e medie imprese.