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Tribunale Ue: confermata la multa inflitta a Google dalla Commissione nel 2018

Altra multa per Google per abuso di posizione dominate. Big G ha imposto restrizioni illegali ai produttori di dispositivi mobili Android e agli operatori di reti mobili per favorire l’utilizzo del suo motore di ricerca.

In realtà la sanzione era stata già stabilita nel 2018 dalla Commissione Ue. Dopo una procedura avviata nel 2015 su Google relativamente ad Android 2.

Le accuse del 2018

Nel dettaglio si accusava Big G di imporre ai produttori di telefonini di pre-installare le applicazioni di ricerca (Google Search) e di navigazione (Chrome) per avere la licenza operativa del suo portale di vendita (Play Store).

Ma anche di subordinare il rimborso di parte degli introiti pubblicitari ai produttori di dispositivi mobili e agli operatori di reti mobili.

La decisione del Tribunale Ue

Il Tribunale Ue, nei giorni scorsi, ha confermato la decisione della Commissione. Ha annullato solo una parte della sanzione imposta e quindi, di conseguenza, ha stabilito una multa pari a 4,125 miliardi di euro. Ridotta del 5% rispetto ai 4,343 che erano stati decisi dalla Commissione.

“Al fine di tener conto in modo migliore della gravità e della durata dell’infrazione il Tribunale giudica tuttavia appropriato infliggere a Google un’ammenda di importo pari a 4,125 miliardi di euro al termine di un ragionamento che si discosta, su taluni punti, da quello della Commissione”.

Il commento della Commissione Ue

“La Commissione europea prende atto della sentenza odierna del Tribunale che conferma ampiamente la decisione della Commissione del luglio 2018 secondo cui Google e la sua società madre Alphabet avevano abusato della propria posizione dominante. Il Tribunale ha anche ampiamente confermato la sanzione che la Commissione europea ha inflitto a Google e Alphabet fissandola a 4,125 miliardi di euro. La Commissione studierà attentamente la sentenza e deciderà sui possibili passi successivi”.

Google potrà impugnare la decisione del Tribunale due mesi e dieci giorni dopo la notifica.

Irene Vitale

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