Business e pubblicità

Scenario cookieless, tre strade da percorrere per affrontare il cambiamento nell’adv online

Sono le tre le strade percorribili, allo studio degli esperti, nel prossimo mondo cookieless che si prospetta a partire dal 2022. 

Infatti, entro il prossimo anno Google li bloccherà su Chrome, anche se in passato Safari di Apple, Firefox, Edge di Microsoft hanno via via aggiunto funzioni per prevenire il tracking. Cosa succederà? Sarà più difficile fare pubblicità online, senza lo strumento più utilizzato negli ultimi anni (i cookie appunto). Nella pratica, i browser (i software usati per navigare) bloccheranno la maggior parte dei cookie di terze parti, quelle porzioni di codice che vengono salvate nel pc dell’utente che servono per il tracciamento della sua navigazione e costruire un profilo da utilizzare per le pubblicità personalizzate. 

Ovviamente questa novità non tocca (o tocca relativamente) le grandi piattaforme come Facebook o la stessa Google che hanno enormi volumi di dati propri dei navigatori. 

Quindi, gli editori, investitori pubblicitari e agenzie stanno già studiando piani alternativi per continuare a generare introiti con l’adv online. Durante un incontro organizzato da Iab Italia, è stata spiegata la sperimentazione che ha già preso il via, per tre possibili soluzioni, valutandone le performace e cercando di capire quale sarebbe la migliore da utilizzare. 

Le 3 soluzioni in fase di sperimentazione

Non c’è una soluzione winner takes it all”, spiega il consigliere Iab Alfonso Mariniello, “ma si stanno esplorando essenzialmente tre alternative”. 

La prima è l’utilizzo di identificativi alternativi, come per esempio degli identificativi degli utenti registrati a un giornale online che possono essere utilizzati, in maniera criptata e rispettando le regole della privacy, anche per fornire pubblicità mirata. “Il mercato italiano è piuttosto indietro rispetto a questa soluzione”, continua Mariniello. “Pochi siti richiedono la registrazione e una strada del genere arriverebbe massimo al 20/25% del mercato”. 

La seconda soluzione in fase di sperimentazione è quella della pubblicità legata ai contenuti che il lettore sta leggendo in quel momento. 

L’ultima, è quella che riguarda targetizzazione degli utenti non singolarmente ma in quanto appartenenti ai grandi gruppi di interesse. È la soluzione che sta proponendo e testando Google con le Federated Learning of Cohorts (FLoC). Su quest’ultima, sono già emersi alcuni dubbi che riguardano principalmente la questione privacy e rispetto del GDPR. 

Il commento degli editori Ue

Gli editori Ue hanno già espresso, dopo l’annuncio di Google, “seria preoccupazione” per le sorti dell’editoria digitale che, per la maggior parte, ha come unico modello di business quello basato sulla pubblicità. 

Il nuovo progetto di Mountain View, secondo loro, “influenzerà il mercato pubblicitario e sconvolgerà il modello di business della stampa digitale”, oltre a consentire al colosso dei motori di ricerca di “espandere ulteriormente il proprio monopolio dei dati”. 

“Qualsiasi cambiamento di questo tipo interesserà in modo sproporzionato i giocatori più piccoli, che non possono adattare il loro modello di business in modo significativo alla nuova soluzione proposta da Google. Tutti i modelli di business basati sui dati a lungo termine dipenderebbero completamente e assolutamente da Google, che può decidere e modificare unilateralmente e senza conseguenze qualsiasi regola. Un cambiamento così radicale non deve essere deciso da un gigante tecnologico privato”, avevano avvertito le associazioni degli editori Ue, Enpa ed Emma, in una nota congiunta

Irene Vitale

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