ReteCoM, che riunisce le principali sigle sindacali dei comunicatori, ribadisce fermamente la propria posizione contraria al passaggio contributivo all’INPGI, la cassa previdenziale dei giornalisti, ai fini del risanamento dell’Istituto.
“L’ingresso dei comunicatori nell’INPGI per il risanamento dell’Istituto sarebbe inutile, dannoso per l’erario e finanche anticostituzionale”, questa è la ferma posizione di FERPI già espressa a dicembre dello scorso anno e ribadita dal Segretario Generale Rita Palumbo, anche a nome di ReteCoM, la Rete delle Associazioni per la Comunicazione e il Management.
La presa di posizione, che ha portato FERPI e le associazioni di ReteCoM a chiedere un intervento urgente al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, si è resa necessaria dopo la diffusione di un notizia che ha riportato le dichiarazioni del Sottosegretario con Delega all’Editoria, Andrea Martella, nel corso del recente incontro avvenuto con la FNSI.
Nel suo intervento, stando a quanto riportato, il Sottosegretario ha auspicato e promosso l’inserimento nella prossima legge finanziaria di un emendamento finalizzato all’ingresso dei comunicatori nel sistema previdenziale dell’INPGI – Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani – ai fini del risanamento dell’Istituto.
“Un Istituto dal modello contributivo divenuto insostenibile, in grave dissesto finanziario, con una previsione di bilancio 2020 in passivo di ben 253 milioni. – si legge nel comunicato della Ferpi – L’intento del Sottosegretario Martella sarebbe quello di lavorare ad una estensione di uno scudo normativo anti-commissariamento e ad un risanamento che passerebbe, appunto, anche per l’allargamento della platea degli iscritti ai comunicatori. Senza averli convocati come promesso nell’incontro con i rappresentanti di ReteCoM, avvenuto a Roma lo scorso 21 gennaio”.
Chiare le ragioni della ferma opposizione, più volte espressa da Ferpi e ReteCoM, verso un provvedimento che, qualora “malauguratamente” posto in essere, produrrebbe ostacoli applicativi ed effetti negativi di varia natura:
– impossibilità di rilevare il numero esatto di comunicatori a causa della mancanza di riconoscimento della maggior parte dei numerosissimi profili professionali rappresentati, le cui competenze e attività, di fatto, non sono assimilabili a quelle di natura giornalistica, quindi non riconducibili ad uno stesso regime previdenziale;
– effetti profondamente negativi in termini di orizzonte pensionistico sia per i professionisti della comunicazione sia per le gestioni dell’INPS che si vedrebbero sottrarre ulteriori risorse contributive da destinare ad una cassa previdenziale gestita peraltro in forma privata, sollevando in tal senso dubbi di legittimità costituzionale;
– appesantimento degli oneri amministrativi per le imprese, laddove molti comunicatori sono dipendenti di aziende che si troverebbero costrette a applicare due diversi livelli di contribuzione o a ricondurre il comunicatore sotto un differente profilo professionale, allo scopo di garantire continuità al rapporto contributivo-previdenziale pubblico gestito dall’Inps;
– rischi sulle pensioni future dei comunicatori, anche per l’impossibilità di verificare/gestire l’andamento della governance e della gestione dell’Istituto previdenziale dei giornalisti, in quanto appannaggio esclusivo, per Statuto, di giornalisti e editori.
Per queste ragioni, Maurizio Incletolli (Presidente ASCAI), Mario Mantovani (Presidente CIDA), Tiziana Sicilia (Presidente COM&TEC), Angelo Deiana (Presidente CONFASSOCIAZIONI), Rita Palumbo (Segretario Generale FERPI) e Andrea Cornelli (Vicepresidente UNA) hanno chiesto un incontro urgente con il sottosegretario Martella per “condividere con le istituzioni un Piano strategico congiunto e di lungo periodo per salvaguardare le pensioni, non solo dei comunicatori, ma anche quelle dei giornalisti”.
(Foto in alto: Rita Palumbo, da https:// www.wikimilano.it/wiki/index.php?curid=6248)
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