INPGI, i Comunicatori chiedono chiarezza al governo

In una conferenza tenuta nella sala stampa della Camera dei deputati, le associazioni dei comunicatori hanno chiesto al governo coinvolgimento e trasparenza sulle decisioni che riguardano i loro iscritti, sulle differenze tra le figure di  “giornalista” e quella di “comunicatore”,  e i contratti collettivi nazionali di lavoro e il sistema previdenziale da applicare.

Mentre il sottosegretario all’editoria, Andrea Martella, vorrebbe inserire nel decreto Milleproroghe – che  è stato presentato nella riunione n. 20 del 21 dicembre scorso del Consiglio dei Ministri – una norma per un rapido ed efficace risanamento dell’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani, con sospensione dell’eventuale commissariamento e la confluenza dei comunicatori nell’INPGI e la presidente dell’INPGI, Marina Macelloni, segnala le gravi conseguenze sui conti dell’Istituto delle misure in tema di prepensionamenti inserite legge di Bilancio 2020 riguardo al nuovo ciclo di uscite anticipate per i giornalisti, le Associazioni dei Comunicatori, in una conferenza tenuta nella sala stampa della Camera dei deputati, hanno chiesto di essere ascoltate dal governo per valutare insieme i migliori passi da compiere nell’interesse di tutti: giornalisti e comunicatori. Soprattutto circa la possibilità di far confluire nell’INPGI la platea dei comunicatori, valutati in 15-20 mila persone.

«Chiediamo al governo un tavolo urgente di confronto», ha sottolineato Angelo Deiana, presidente di Confassociazioni, «per chiarire una serie di equivoci di fondo che non sono stati affrontati in alcun modo. A cominciare dalla definizione del perimetro: chi sono i comunicatori? Quali figure professionali comprendono e a quali forme contrattualistiche rispondono? Non esiste un contratto specifico, dunque come identificarli?».

Riguardo, poi, al tema specifico della confluenza dei comunicatori nell’INPGI, ha chiarito Deiana: «L’ossigeno che questa operazione porterebbe all’istituto rischia di avere una vita brevissima, non più di tre anni. Alla fine ci si troverebbe nella stessa difficoltà attuale, con l’aggravante di coinvolgere nella crisi non solo i giornalisti ma anche i comunicatori. Una base economica di 14mila iscritti come quelli dell’Inpgi è debolissima, anche se con i comunicatori diventasse di 34mila».

«Non si può procedere come fatto finora dall’INPGI nelle ipotesi di salvataggio applicando un modello puramente contabile» – ha dichiarato il segretario generale di Ferpi, Rita Palumbo, che in merito alla distinzione tra giornalisti e comunicatori ha precisato:«Non sono soltanto due professioni diverse, ma rispondono a modelli di produzione diversi, profili professionali in continua evoluzione e molteplici forme contrattuali per quel che riguarda i comunicatori». «In tutto questo tempo – ha concluso Palumbo –  abbiamo assistito a tentativi di imposizione legislativa unilaterale: salvare l’Inpgi ad ogni costo, senza specificare né come né con chi, l’importante è mantenere lo status quo, a dispetto dei conti e dei diritti».

«Non proponiamo ipotesi alternative, – ha ribadito Mario Mantovani, Presidente Cidariteniamo che queste siano da studiare e sviluppare congiuntamente, ma con alcuni punti fermi da salvaguardare: il diritto alla tutela previdenziale e la sostenibilità nel lungo termine degli enti previdenziali».

Una ipotesi alternativa è, però, emersa dai relatori: quella di far confluire l’Inpgi nell’Inps, mantenendo l’Istituto previdenziale dei giornalisti ad occuparsi di gestione separata per la libera professione e di previdenza complementare.

Al contrario, i comunicatori degli uffici stampa privati che fanno capo al Gus (Giornalisti uffici stampa), non presenti alla conferenza, rivendicano il riconoscimento formale del loro lavoro come giornalistico e il conseguente ingresso in INPGI. Si tratta «di una vastissima platea di giornalisti il cui lavoro, complice un vuoto normativo, non è riconosciuto come giornalistico e che non possono accedere all’Inpgi» ha dichiarato Paola Scarsi del consiglio direttivo del Lazio. «Nel settore pubblico quest’attività è riservata agli iscritti all’ordine. Nel privato è affidata al Far West, e non si può neppure invocare l’esercizio della professione abusiva. – ha concluso ScarsiTutti oggi possono lavorare come Uffici Stampa privati. Una stortura cui il legislatore deve porre rimedio».

Istantanea della conferenza stampa

Per completezza di informazione, alla conferenza stampa hanno partecipato le seguenti Associazioni dei Comunicatori:
Ascai, Associazione per lo sviluppo della Comunicazione aziendale;
Cida, Confederazione italiana dirigenti e alte professionalità;
Com&Tec, Associazione italiana per la comunicazione tecnica;
Confassociazioni, Confederazione Associazioni professionali;
Ferpi, Federazione Relazioni pubbliche italiana;
IAA Italy, International advertising association chapter Italy;
Una, Aziende della comunicazione unite.