Un nuovo studio del consorzio MFRR – Media Freedom Rapid Response – riporta dei dati che riguardano la libertà dei media e dei giornalisti nei Paesi membri dell’UE e in quelli candidati all’ingresso (Turchia, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia e Albania).
Il periodo analizzato riguarda i 4 mesi da marzo a giugno 2020 ed i risultati del monitoraggio confermano un panorama preoccupante per la sicurezza dei giornalisti e la salute della libertà dei media: quasi 100 tra aggressioni e intimidazioni, 75 minacce di tipo legale e una ventina di tentativi di censura. Numeri allarmanti che includono attacchi fisici, minacce sui social media, querele temerarie e segnalazioni di vario genere, e che sono state registrate e verificate dalla piattaforma Mapping Media Freedom, gestita dal consorzio MFRR. I dati sono stati raccolti e controllati da esperti di ECPMF (European Centre for Press and Media Freedom), Federazione Europea dei Giornalisti (EFJ) e Istituto Internazionale della Stampa (IPI).
Il report cerca inoltre di approfondire la classificazione interna, non riportando esclusivamente il numero delle segnalazioni che non è, e non può essere, l’unico indicatore della gravità della situazione. Infatti, al fine di elaborare strategie di reazione e di advocacy, si tiene conto sia della gravità degli attacchi sia della tipologia. Nello studio si legge che la finalità dell’approfondimento è proprio quella di “costruire e rafforzare le basi della nostra analisi, e di conseguenza la nostra capacità di reagire alle minacce, di affrontare le questioni generali e di offrire il nostro aiuto concreto ai giornalisti nei paesi membri e candidati all’ingresso nell’UE”.
Infatti, “non c’è un unico modo per prendere di mira gli operatori dell’informazione: c’è tutta una gamma di minacce e intimidazioni che i giornalisti devono affrontare”, si legge nell’analisi. “La modalità più diffusa è l’intimidazione (59 casi), seguita da ingiurie (26), discredito (17) e denunce penali (17). Ma si tratta di una fotografia parziale”.
In testa tra gli autori delle minacce e delle intimidazioni, singoli individui (42), forze dell’ordine (27), seguite da provvedimenti legislativi (25), partiti politici (9), provvedimenti giudiziari (9), altre testate (9), grandi aziende (8), criminalità organizzata (7) e autorità pubbliche (6).
Sicuramente, emerge dall’analisi, il Covid-19 e la situazione mondiale di emergenza sanitaria sono stati usati come pretesti dai governi di vari Stati, e in ben 15 Paesi il monitoraggio implementato da strumenti di tracciatura dell’IPI ha fatto registrare violazioni legate al Coronavirus: nuove leggi sulle “fake news”, limitazioni dell’accesso alle fonti, attacchi fisici a giornalisti, cui spesso è impedito l’ingresso a conferenze stampa o cui viene preclusa la possibilità di fare domande.
“Il controllo governativo sull’informazione – spiega il report – ha creato un ambiente in cui i giornalisti che sfidano la narrazione ufficiale sul virus sono accusati di agire contro l’interesse dello stato o sono visti come amici del COVID-19”.