IA e giornalismo. Quali sono o saranno i cambiamenti nelle redazioni giornalistiche? A questa domanda cerca di rispondere il nuovo report di JournalismAI – Polis dal titolo “Generating Change. A global survey of what news organisations are doing with AI”.
Il progetto JournalismAI è nato nel 2019 dalla London School of Economics (LSE) ed è supportato da Google News Initiative (GNI).
Il report condotto coinvolge oltre 120 editori, giornalisti e mediamakers da ben 105 organizzazioni in 46 Paesi del mondo.
Nello studio, in primis, si sottolinea la grande differenza non solo tra le piccole e grandi redazioni, ma anche tra il nord e il sud del mondo. I benefici sociali, culturali oltre a quelli economici, permettono la proliferazione e l’esplorazione di questa tecnologia nell’emisfero nord più che in quello del sud.
Non a caso, solo un terzo dei rispondenti crede di essere davvero pronto per affrontare le sfide dell’IA e ha sviluppato (o sta sviluppando al momento) una strategia per approcciarsi all’uso di queste tecnologie nel lavoro redazionale.
Le prime difficoltà registrate che emergono dal report sono la mancanza di fondi e le complicanze tecniche.
Spesso infatti, i fondi delle piccole aziende non sono concentrati sullo sviluppo di personale qualificato e di tecnologie di formazione; per le grandi redazioni invece, si fa difficoltà a dedicare tempo e risorse per implementare programmi di IA.
Il problema dell’etica si pone come un forte deterrente: più del 60% degli intervistati guarda con scetticismo all’uso di IA generativa per questioni qualitative. La domanda che si pongono editori e giornalisti è come le tecnologie di IA generativa possano scrivere autonomamente seguendo valori giornalistici come verità, accuratezza e trasparenza.
Gli intervistati infatti affermano che la prima preoccupazione concerne “la produzione di massa di notizie clickbait”: “il pubblico ha già una povera opinione del giornalismo e sembra improbabile che questo possa cambiare in qualunque maniera come risultato di questa tecnologia”.
Nonostante lo scetticismo e il bisogno di formazione sul tema, l’Intelligenza Artificiale è vista per la maggior parte degli intervistati come un’opportunità per il mondo del lavoro.
L’85% afferma di aver già precedentemente sperimentato con l’IA, non molto nel campo generativo, ma piuttosto per un controllo automatizzato delle fonti, per stabilire un indice di gradimento di alcuni temi o prevedere tendenze, per personalizzare i contenuti degli utenti.
Ciò che rende più potente questo nuovo strumento è la collaborazione di figure diverse, non tutte prettamente giornalistiche.
Tanto che la netta maggioranza delle redazioni mondiali sentono il bisogno di una stretta collaborazione tra figure diverse, oltre che tra redazioni stesse, per poter sfruttare al meglio l’Intelligenza Artificiale.
In questo report, si legge anche del potenziale trasformativo dell’IA, di come possa automatizzare, personalizzare e migliorare l’engagement e la produttività.
“L’IA trasformerà l’industria del giornalismo”, tuttavia, alcune piccole imprese potrebbero non riuscire a cooperare con questa metamorfosi. Coloro che invece sopravvivranno, sia piccoli che grandi editori, avranno “più possibilità di sperimentare, andando oltre quello che si era mai pensato di fare”.
“Crediamo che l’IA non sia una minaccia per il lavoro. Ma le persone che impareranno ad usarla in maniera efficiente, otterranno un lavoro che sarà richiesto, e presto a molti ruoli sarà richiesto di saper utilizzare questi strumenti”.
Il cambiamento in atto avrà un drastico impatto, ma in realtà, evidenziano gli studiosi, fa parte di quel progresso tecnologico che da sempre ha cambiato i modelli di business del giornalismo.
Questa trasformazione “involverà una rivalutazione dell’intera catena di produzione giornalistica, almeno nella fase di adozione, e un lavoro addizionale per adattarsi a questo approccio”.
Articolo di T.S.
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