Giornalismo e intelligenza artificiale nel Report JournalismAI

Autori: studenti del Corso di Editoria periodica – Università Sapienza – a.a. 2021-2022

I giornali del futuro saranno scritti dalle macchine? Non possiamo escluderlo, ma oggi è ancora un’ipotesi fantascientifica. La realtà è più complessa.

Per comprenderla possiamo leggere il Report 2019 dell’iniziativa JournalismAI, che si occupa di intelligenza artificiale (IA) applicata all’informazione. JournalismAI nasce dalla collaborazione tra POLIS, think-tank giornalistico della London School of Economics, e Google News Initiative. Il Report è frutto di un’indagine compiuta su 71 organi di informazione in 32 Paesi. Raccoglie le esperienze e i pareri di giornalisti che lavorano ogni giorno con l’intelligenza artificiale.

Intelligenza artificiale ‘forte’ e ‘debole’

Prima di entrare nel merito del Report, è bene distinguere due livelli di intelligenza artificiale. Il primo è l’AGI (Artificial General Intelligence). Indipendente dall’uomo, ne replica perfettamente l’azione e i processi creativi. È l’IA più presente nell’immaginario collettivo, ma è lontana nel futuro e forse mai raggiungibile. Il secondo livello è l’intelligenza artificiale ‘debole’ o ‘ristretta’. Programmata dall’uomo per ambiti di applicazione specifici, ha una limitata capacità di apprendimento e adattamento autonomi.

IA per un giornalismo più efficace

In massima parte, le tecnologie esistenti rientrano in questo secondo tipo. Gli interpellati dal Report non apprezzano il termine AI, ritenendolo troppo generico. Preferiscono parlare di machine learning, automazione ed elaborazione dei dati. L’intelligenza artificiale affianca il giornalista, più che sostituirlo. Velocizza la produzione dell’informazione e automatizza le operazioni di routine.

Ricerca, produzione e distribuzione di notizie

L’IA è impiegata in tre aree operative, che coprono tutto il ciclo di vita della notizia: ricerca, produzione e distribuzione. In fase di ricerca, l’IA è efficace nell’individuazione delle tendenze, cioè degli argomenti più discussi del momento. Può inoltre ricercare, analizzare e raffrontare le fonti disponibili online, elaborando in tempi rapidi una quantità di dati ingestibile per un essere umano.

Il giornalista continua ad essere affiancato dalla IA anche nella produzione della notizia. Programmi come Grammarly, AI Writer e Deepl automatizzano la correzione, l’elaborazione e la traduzione del testo. L’IA non richiede l’intervento del giornalista se compone dati semplici: risultati sportivi o elettorali, dati meteorologici o medici. Un’altra funzione è il fact-checking automatizzato, che confronta le dichiarazioni pubbliche con i dati accessibili in rete.

Sul fronte della distribuzione, gli intervistati hanno sottolineato l’importanza della IA per mettere in relazione le interazioni degli utenti e i tipi di contenuto. Questo permette di identificare i contenuti più efficaci, meglio ricevuti dagli utenti. La IA favorisce la personalizzazione, consentendo pagine home dinamiche che si adattano agli interessi del singolo utente. Un esempio di queste funzioni è il programma JAMES (Journey Automated Messaging for higher Engagement through Self-learning), adottato dal Times di Londra. Si tratta, nelle parole degli utilizzatori, di “una sorta di maggiordomo digitale che analizza i dati per apprendere le abitudini, gli interessi e le preferenze degli utenti”.

Limiti e rischi

Gli intervistati rilevano tre ostacoli principali all’adozione della IA: mancanza di competenze, mancanza di fondi, e scetticismo culturale. I costi di adozione comportano il rischio del predominio dei grandi giornali a sfavore dei piccoli. L’IA è già presente nell’informazione, ma non è distribuita in modo uniforme.