9222 startup acquistate da inizio anno dai grandi gruppi tecnologici con lo scopo di soffocare sul nascere dei potenziali concorrenti sul mercato.
È così che lavorano la maggior parte delle big tech. I dati, analizzati dal Financial Times, parlano di un investimento di 264 miliardi di dollari solo dall’inizio dell’anno.
Questo tipo di acquisizioni, anche detto “killer acquisition”, secondo un recente studio di Refinitiv, sono una pratica molto diffusa tra le big tech. Un fenomeno, continua lo studio, in grande espansione se si pensa che questi numeri superano del 40% quelli dei primi anni 2000.
Tra l’altro queste operazioni sembrano difficili da individuare e quindi per la maggior parte delle volte passano inosservate agli occhi delle autorità.
Uno dei motivi risiede sicuramente nel fatto che, per esempio, negli USA le transazioni al di sotto dei 92 milioni di valore non devono essere notificate alla Federal Trade Commission (FTC) americana e nel settore tecnologico, come spiega Refinitiv. E per la quasi totalità queste transazioni prese singolarmente hanno valori modesti. Anche in Europa la situazione non è molto diversa.
“Penso alle acquisizioni seriali come una strategia Pac-Man: ogni singola fusione, vista indipendentemente, potrebbe non sembrare avere un impatto significativo, ma l’impatto collettivo di centinaia di acquisizioni più piccole può portare a un colosso monopolistico”, ha avvertito Rebecca Kelly Slaughter, commissario dell’Ftc.
Comunque, la maggior parte delle startup acquisite dagli OTT vengono chiuse dopo poco tempo mentre solo in rari casi seguono delle logiche di crescita.
Barry Lynn, direttore dell’Open markets institute di Washington, chiarisce che queste azioni non solo rendono le big tech “molto più potenti” ma aumentano “il loro potere sulle persone che lavorano per loro, sui mercati dei capitali e sugli investitori, bloccando quel tipo di concorrenza che può favorire l’innovazione”.
Da poco sono stati pubblicati, dalla FTC, i risultati di uno studio sulle attività di fusione e acquisizione tra il 1° gennaio 2010 e il 31 dicembre 2019 non dichiarate. Nel decennio sono state portate a termine numerose transazioni da parte degli OTT per sbaragliare la concorrenza.
“Lo studio evidenzia la natura sistemica delle loro strategie e cattura la misura in cui queste aziende hanno dedicato enormi risorse all’acquisizione di startup, portafogli di brevetti e interi team tecnologici. E come sono state in grado di farlo in gran parte al di fuori della nostra competenza”, ha spiegato Lina Khan, presidente della Ftc.
La stessa Commissione europea si sta adoperando per aumentare il proprio spettro di indagine in collaborazione con i regolatori dei Paesi membri.
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