Il Reuters Institute, in collaborazione con l’Università di Oxford, ha pubblicato uno studio sulla ricezione da parte delle audience delle notizie prodotte o elaborate in parte dall’Intelligenza Artificiale (IA).
Prima del 2022, dunque prima del lancio di ChatGPT, l’IA era uno strumento utilizzato, ma relegato al lavoro di backhand delle redazioni. Tuttavia, con l’avvento della tecnologia di OpenAI e con la creazione e lo sviluppo di altri tool di IA Generativa, le newsrooms hanno iniziato a integrare l’IA nel processo produttivo di notizie e articoli.
Quello che però non si è analizzato in questi anni è come i lettori hanno accolto un cambiamento tanto radicale nell’informazione.
Lo studio si basa su un sondaggio proposto a lettori assidui di notizie in diversi Paesi del mondo. Come prima base di partenza, si chiede qual è il livello di consapevolezza e conoscenza dell’IA e dei suoi usi nel giornalismo.
Analizzando le audience di 28 mercati editoriali diversi, l’autovalutazione della consapevolezza di cosa sia e come possa essere usata una Intelligenza Artificiale è alquanto bassa, non tocca neanche il 50%: il 45% conferma che ha sentito parlare o ha letto di IA; il 40% non conosce molto, ne ha sentito parlare o letto poco; il 9% non conosce affatto il campo.
Ovviamente, sono i più giovani a comprendere o ad avere più esperienza con l’IA, ma i parametri di conoscenza della tecnologia seguono altri aspetti, quali l’istruzione e il genere. Infatti, emerge che sono più gli uomini a confrontarsi con questa tecnologia e le persone che hanno avuto accesso a un grado di istruzione più alto.
La questione successiva che l’analisi propone è l’uso senza pregiudizi e favorevole dell’IA nella produzione di notizie. Per quanto questo campo sia nuovo, non è da escludere l’influenza che film, social media, TV e libri hanno prodotto. Infatti, non stupisce il dato che solo una piccola minoranza non si sente minacciata dall’aiuto che l’IA può dare agli umani (36%) o al suo utilizzo con la supervisione umana (19%), anche nel discorso di produzione di news.
“Molti editori utilizzano da anni l’intelligenza artificiale e tecnologie simili per attività dietro le quinte, come il monitoraggio di argomenti di tendenza online, la trascrizione di interviste e la personalizzazione dei consigli per i lettori. Tuttavia, le preoccupazioni relative ai limiti e ai suoi migliori usi sono diventati importanti man mano che sempre più redazioni esplorano l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa per applicazioni sempre più rivolte al pubblico”, precisa la dottoressa Arguedas nella sua analisi.
Non a caso, infatti, le audience si sentono più a loro agio a leggere notizie sapendo che non è l’IA a scrivere o produrre (direttamente o indirettamente) l’articolo.
La principale fonte di preoccupazione per gli editori nasce dal sottile equilibrio tra l’uso dell’IA nelle proprie redazioni e il mantenere la fiducia pubblica nel giornalismo.
In un altro recente studio dell’Università di Oxford e del Minnesota si vede la dualità di un equilibrio difficile da raggiungere, pur stando ancora in una fase iniziale del processo.
“Da un lato, fornire trasparenza su come [le newsroom] utilizzano l’IA può aiutare a gestire le aspettative e dimostrare buona fede. D’altra parte, nella misura in cui il pubblico diffida delle tecnologie di IA, il semplice fatto di sapere che le organizzazioni giornalistiche le utilizzano potrebbe diminuire la fiducia. Le prime ricerche sperimentali suggeriscono che il pubblico considera le notizie etichettate come generate dall’intelligenza artificiale come meno affidabili di quelle create dagli esseri umani”.
Per quanto divisivo, è innegabile che “siamo ancora agli inizi” e che dunque “l’atteggiamento del pubblico nei confronti dell’applicazione dell’intelligenza artificiale nel giornalismo continuerà ad evolversi”. Più il pubblico continuerà a utilizzare quotidianamente (e quindi abituarsi) all’IA, più sarà facile assorbire l’aiuto della tecnologia.
“Al momento, molti hanno ben chiaro che ci sono aree che pensano dovrebbero rimanere nelle mani degli esseri umani. Questi tipi di lavoro – che richiedono emozioni umane, giudizio e connessione – sono quelli in cui gli editori vorranno mantenere gli esseri umani al centro”.
Articolo di T.S.
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