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News a pagamento per big tech: l’Australia prosegue con il progetto, gli USA lo bocciano

L’Australia prosegue il suo progetto per obbligare Google e Facebook a pagare i media australiani per i contenuti diffusi su tali piattaforme. 

L’iter della legge prosegue con successo, ed è ora all’esame di una commissione del Senato, prima del voto in Parlamento. L’idea del governo di Cranberra è quella di attuare le nuove norme entro l’anno; il contesto pandemico ha aggravato la situazione dei media digitali, creando un maggiore traffico in entrata che però non corrisponde ad un aumento dei ricavi pubblicitari a causa della presenza sul mercato degli OTT che catturano in modo schiacciante la maggior parte dell’advertising online

Le nuove regole riguardano sia il news feed di Facebook, sia le ricerche di Google e la mancata osservanza delle stesse prevede pene pecuniarie importanti (multe per milioni di dollari). 

Il codice obbligatorio di condotta, formulato dall’ente di vigilanza Australian Competition and Consumer Commission (Accc), prevede trattative tra Facebook e Google e le compagnie australiane dei media per concordare il pagamento stesso, ma le big americane avevano già mosso delle obiezioni sul codice, minacciando anche di impedire l’accesso alle loro piattaforme a tutti i media che avessero aderito al sistema di regolamentazione.

L’Australia è il primo Paese ad avviare una serie di regolamentazioni tanto dure nei confronti degli OTT e il ministro australiano del Tesoro, Josh Frydenberg, ha già avvertito le big tech di non bloccare i media che producono i contenuti dai risultati di ricerca, dopo che Google aveva ammesso di farlo come “esperimento” di breve durata per “misurare l’impatto dei siti di news su Google Search e viceversa”.

Sulla faccenda è anche intervenuta, nei giorni scorsi, l’amministrazione Usa che ha sollecitato il governo australiano ad abbandonare i piani di regolamentazione. Il motivo? Il testo della proposta sembra “confuso” e potrebbe violare l’accordo di libero scambio tra Australia e USA. A dirlo, i rappresenti commerciali Usa per i servizi e gli investimenti, Daniel Bahar, e per il Sudest Asia e il Pacifico, Karl Ehlers, in una lettera in cui i due esortano l’Australia a sviluppare un codice di condotta volontario e a considerare la nomina di un mediatore per stabilire una remunerazione che permetta piena aderenza all’accordo di libero scambio tra i due Paesi.

Irene Vitale

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