Il 1° marzo 2022 è entrata in vigore una legislazione cinese innovativa che mira a regolare gli algoritmi utilizzati dalle aziende tecnologiche.
La disciplina si trova al crocevia tra privacy, diritto antitrust e diritto informatico. Il legislatore cinese che da un lato regola gli effetti di questi algoritmi sulla vita e l’esperienza web degli utenti, dall’altro impone una maggiore trasparenza agli operatori.
Le principali innovazioni del “Regolamento sugli algoritmi” riguardano proprio il fatto che questi ultimi non possono essere utilizzati per scopi sfuggenti di controllo governativo o anticoncorrenziali.
I servizi che utilizzano algoritmi per raccomandare contenuti non devono fornire informazioni non autorizzate e non devono divulgare notizie false. Gli utenti devono essere in grado di “controllare” l’algoritmo selezionando e deselezionando i tag. La legislazione cinese richiede anche misure antifrode nel settore delle telecomunicazioni.
La legislazione parla di promuovere “algoritmi per il bene,” algoritmi mirati al bene comune. I principali destinatari di questa disciplina sono i grandi fornitori di servizi online cinesi. La legislazione si applica anche alle società straniere che operano in Cina, direttamente o indirettamente.
Il principale motore di ricerca cinese, Baidu, ha reagito all’introduzione della legislazione aggiornando la sua politica sulla privacy. Il 7 aprile scorso Baidu ha introdotto, in particolare, nella privacy policy del suo servizio Baidu Maps, un capitolo dedicato alle raccomandazioni personalizzate.
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