Mentre in Italia la strada è ancora lunga, in Francia il Ministero dell’Economia fa sapere che si applicherà la Web tax entro il 2020.
Nei mesi scorsi era stato auspicato un accordo internazionale per tassare le grandi aziende del settore digitale (Google, Amazon, Facebook, Apple), onde evitare il “moltiplicarsi delle tasse sui servizi digitali e un aumento della frequenza delle controversie commerciali e fiscali”.
L’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, sostenitrice di questa linea comune, ha però riconosciuto lo scorso ottobre che quest’anno non raggiungerà un accordo su un nuovo standard globale per la tassazione delle imprese digitali, a causa di aspetti tecnici e politici su cui permangono divergenze.
Ovviamente dagli Stati Uniti già piovono minacce sull’applicazione di tariffe sui prodotti francesi, in risposta alla linea dura portata avanti dallo Stato d’Oltralpe.
Queste aziende operano nella maggior parte dei Paesi del mondo, ma in Europa, secondo la legge dell’Ue, possono dichiarare i loro profitti da un solo Stato membro e spessissimo scelgono Paesi con un’imposizione fiscale bassa (l’Irlanda ad esempio, sede della maggior parte degli uffici delle grandi multinazionali americane).
La tassazione dei big tech era una delle principali tematiche che assolutamente dovevano essere affrontate dall’Europa, perchè questa attività delle società digitali incide negativamente su quella degli operatori “tradizionali” radicati a livello territoriale, creato un mercato effettivamente non competitivo.