La Legge ponte
La legge 6 giugno 1975, n. 172 è stata definita da più parti “legge-ponte”, a significare il duplice aspetto assunto dalla medesima legge: da un lato, infatti, costituiva il riepilogo e la conclusione di una fase storica degli interventi statali in favore dell’editoria e, dall’altro, l’inizio di una fase nuova caratterizzata dal potenziamento e dalla salvaguardia del pluralismo dell’informazione.
Se da un lato la legge continuava a prevedere una serie di aiuti finanziari alle imprese editrici e continuava a mantenere il sistema di integrazione del prezzo della carta (oltre alle agevolazioni fiscali sotto forma di riduzioni ed esenzioni dall’IVA), introdusse anche elementi di novità.
Erano previsti nuovi tipi di provvidenze, come ad esempio i mutui agevolati, che erano stati previsti dalla legge n. 1063 del 1971, ma mai concretamente attuati. In secondo luogo, la legge realizzò l’allargamento dei beneficiari dell’intervento pubblico.
Innanzitutto, confermò l’equiparazione delle agenzie di stampa nazionali di maggiore rilevanza alle imprese editrici di giornali quotidiani; ammise alle provvidenze i giornali italiani all’estero; in ultimo, prese in considerazione anche i periodici di contenuto politico, sindacale, economico, religioso, sportivo, nonché quelli di elevato valore culturale.
Fu istituita una Commissione tecnica con compiti istruttori per l’accertamento della sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge per la concessione dei benefici (art. 7). Fu istituito un “Registro nazionale della stampa quotidiana e periodica e delle agenzie di stampa”, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con il compito di prendere conoscenza della struttura proprietaria delle imprese editoriali.
Tale normativa si rivelò del tutto inadeguata a realizzare la finalità di tutela del pluralismo dell’informazione poiché richiedeva pochissimi dati e non prevedeva alcun tipo di sanzione penale o amministrativa in caso di mancata o inesatta dichiarazione.
In definitiva, anche questa legge come le precedenti, non si discostò da un’ottica assistenzialistica e settoriale, né si propose precisi intenti di riforma globale del settore.
In realtà fu davvero questo il problema, poiché la legge fu varata per dare immediati sostegni al settore della stampa in un momento difficile per l’intero settore. Fu infatti approvata in Commissione in sede legislativa. Non poteva, per la fretta con cui era stata varata, rappresentare la legge di sistema di cui il settore aveva assoluto bisogno.