Un interessante studio sulle politiche di sostegno all’editoria nei principali paesi europei è stato condotto dal DIE: otto mesi di lavoro per studiare e comprendere le forme di sostegno, le tipologie dei destinatari, il valore economico dei contributi e le finalità degli stessi.
La ricerca, condotta dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria, è partita dai dati presenti nel Public Support for the Media: a Six-Country Overview of Direct and Indirect Subsidies eseguito del Reuters Institute in collaborazione con l’Università di Oxford ed è stata illustrata all’incontro con gli editori nella cornice degli Stati generali, alla presenza del Sottosegretario Vito Crimi, che ha aperto i lavori, e di un’attenta platea.
Mentre il primo Report è presente, in “traduzione di cortesia”, sul sito del DIE, la seconda fonte è uno studio che riguarda in particolare il nord Europa, più affidabile del primo in quanto aggiornato al 2018, che confronta Danimarca, Svezia, Finlandia e Norvegia.
Il Capo Dipartimento Ferruccio Sepe ha presentato il lavoro svolto come uno studio comparativo utile per sottolineare come il fenomeno del sostegno pubblico all’editoria non sia solo italiano, anzi. In tutti i Paesi analizzati non solo è presente il contributo dello Stato, ma risulta che il nostro Paese si colloca addirittura nella fascia bassa degli interventi.
In Italia, come altrove, il pluralismo dell’informazione è visto come un valore di primaria importanza del sistema democratico, per questo gli Stati intervengono con aiuti diretti e indiretti.
I contributi stessi sono stati calcolati, all’interno dello studio, in termini di spesa pro capite e di incidenza sul prodotto interno lordo, con la finalità di “delineare la mappa degli interventi pubblici nei paesi europei con tradizione editoriale”.
Dal confronto, il dato abbastanza inaspettato riguarda i paesi del nord Europa, quelli con il livello più alto di scolarizzazione e con una maggiore propensione alla lettura, insomma, quelli le cui imprese editrici si pensava si potessero sostenere da sole nel mercato dei media. Questi Stati hanno i contributi diretti e indiretti più consistenti: Danimarca, Norvegia, Svezia occupano i primi tre posti per quanto riguarda i contributi diretti pro capite.
La Danimarca è in testa con 9,54 euro pro capite, seguita a breve distanza da Norvegia e Svezia, rispettivamente con 6,80 e 5,40 euro. Dopo il podio, la distanza si allunga di molto con l’Italia al penultimo posto con 1,11 euro, seguita solo dall’Austria, Paese che però emerge per la quantità e qualità di misure dirette previste a sostegno del settore, soprattutto per quanto riguarda le strategie per garantire il futuro (come il contributo per i giornalisti emergenti o il rimborso per le copie concesse gratuitamente alle scuole).
Per quanto riguarda la stima sull’incidenza delle risorse pubbliche destinate al sostegno dell’editoria rispetto al prodotto interno lordo, il Regno Unito è in testa con 1,83 miliardi di euro con un’incidenza sul PIL dello 0,083%. Seguono, per completare il podio, la Danimarca, con un’incidenza dello 0,045% per 121,77 milioni complessivi e la Svezia con 159,83 milioni di euro e un’incidenza sul PIL dello 0,035.
L’Italia è di nuovo al penultimo posto con 406,3 milioni di euro e un’incidenza sul PIL dello 0,025%, sempre seguita dall’Austria, con 76,82 milioni complessivi e un’incidenza dello 0,022%.
La valutazione che sorge spontanea riguarda il sostegno pubblico del settore editoriale nel nostro Paese: siamo davvero il paese che offre più sostegno (diretto o indiretto) ai soggetti del settore?
Emergono dalla ricerca molti spunti di riflessione e anche di rilettura di alcune convinzioni diffuse in Italia sull’ingente investimento che lo Stato è chiamato ad affrontare ogni anno per il sostegno al settore. È davvero così ingente?