Web e Innovazione

Hate speech, occorre un Digital act europeo per limitare il fenomeno

“Il fenomeno dell’hate speech in rete, che spesso si tramuta in reato penale, nel periodo di lockdown in particolare è andato crescendo nei numeri e nell’intensità”, ha spiegato il sottosegretario all’Interno, Carlo Sibilia, intervenendo all’evento pubblico ‘Hate speech. Il lato oscuro delle parole in libertà’. 

È per questo che secondo il sottosegretario “per il contrasto dei reati in rete necessario un Digital Services Act europeo”.

Gestione dei contenuti d’odio online

Inoltre Sibilia ha spiegato che “quando le forze dell’ordine vengono a conoscenza – anche attraverso le denunce e segnalazioni al commissariato online – di un contenuto d’odio o offensivo o diffamatorio, la Polizia Postale interessa l’autorità giudiziaria ai fini della rimozione, che tuttavia è condizionata all’accoglimento di una richiesta inviata alle società che gestiscono i social network o piattaforme di messaggistica”.

Spesso, però, “queste hanno la propria sede o i propri server in Stati esteri, dove talvolta vige una normativa di riferimento meno stringente rispetto a quella italiana. È quindi necessario ed urgente avere almeno una legislazione Europea comune e normative di base di riferimento comuni, in modo da agevolare le forze dell’ordine nel loro lavoro. Per raggiungere un tale obiettivo, ho interessato Sergio Battelli, Presidente della Commissione politiche Europee della Camera dei Deputati; con lui a breve mi confronterò di nuovo sul tema chiedendo di incardinare a Montecitorio il Digital Services Act europeo”.

Il Digital Service Act

In realtà a Bruxelles è già stata presentata una bozza di Digital Service Act che ha come scopo quello di attribuire maggiori responsabilità alle piattaforme per i contenuti caricati online. Sicuramente occorre una specifica riguardante l’hate speech e tutti i linguaggi inaccettabili a esso collegati. 

Infatti, più che altro il DSA ha lo scopo di garantire più sicurezza agli utenti, anche tramite l’accesso ai dati personali trattati dai fornitori dei servizi in caso di attività illegali online, rivedere il regime di responsabilità previsto dalla direttiva sul commercio elettronico in relazione ai servizi digitali, affrontare le problematiche associate al ruolo di “gatekeeper” delle piattaforme digitali e rivalutare i concetti di “potere gatekeeper” e “potere di mercato”, garantire una maggiore trasparenza in materia di advertising online e smart contracts, tutelare la situazione dei lavoratori delle piattaforme online e individuare qualestruttura di governance potrebbe essere richiesta per completare il mercato unico dei servizi digitali e come i regulators potrebbero lavorare in modo più efficace.

Irene Vitale

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