Google torna a ribadire la sua contrarietà all’attuale impostazione del pacchetto di regole stilate da Bruxelles per regolare l’economia online, composta dai due pilastri: il Digital Services Act (DSA) e Digital Markets Act (DMA).
Nel dettaglio è Matt Brittin, presidente della divisione Europa, Medio Oriente e Africa (Emea) di Google, che spiega perché secondo il colosso di Mountain View, scritto così com’è, il Digital Markets Act proposto dalla Commissione Ue è “dannoso per gli utenti europei, le imprese, la competitività e, di conseguenza, può avere un impatto negativo sulla ripresa” economica nel post-crisi Covid.
“Il DMA si concentra solo su cinque società statunitensi (GAFAM -Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft-, ndr). Se servono nuove regole per tutelare i consumatori e rafforzare la concorrenza, la domanda è: perchè concentrarsi solo su di noi?“, attacca Brittin. Ovviamente Google ritiene fuori luogo l’intenzione di Bruxelles di costruire una serie di norme secondo la sua prospettiva ‘ad hoc’ per frenare i cinque colossi. Molte PMI europee collaborano con queste aziende internazionali, ma molte altre non hanno accordi con loro e soprattutto ne subiscono le policy.
Inoltre, secondo Mountain View le nuove regole Ue potrebbero impedire l’ulteriore sviluppo di funzionalità incentrate sull’utente, trasformandosi in un boomerang per i servizi, gli utenti e anche per migliaia PMI che fanno affidamento su Google per raggiungere una platea più vasta. Le funzionalità integrate incentrate sull’utente sono “un vero vantaggio”, ma “se non abbiamo chiarezza, penso che l’innovazione potrebbe essere inibita”, ha avvertito Brittin.
È quindi indubbio che Google lotterà con le unghie e con i denti, soprattutto nei prossimi sei mesi di attività lobbistica e negoziati interistituzionali a Bruxelles per definire i dettagli del DMA. Per il motore di ricerca “le PMI europee vogliono strumenti che le aiutino a espandere e far crescere le loro attività. Questo è il motivo per cui vogliamo essere in grado di continuare a innovare e sviluppare nuovi prodotti e funzionalità che aiutino i nostri clienti”, ha spiegato ancora Brittin, non senza dimenticare “le giuste garanzie e salvaguardie” per promuovere una ripresa economica e un’innovazione tecnologica che però tengano conto dei diritti dei cittadini europei e dei bisogni delle PMI del Vecchio Continente.
Intanto la Commissione europea ha aperto un’indagine formale antitrust per determinare se Google abbia violato le norme dell’Ue in materia di concorrenza.
Il motore di ricerca potrebbe aver favorito i propri servizi di inserzione pubblicitaria online nella cosiddetta filiera “ad tech”, a scapito dei fornitori di servizi di tecnologia pubblicitaria concorrenti, inserzionisti ed editori online.
E la vicepresidente della Commissione europea Margrethe Vestager, aveva già chiarito nei giorni scorsi la posizione europea: “I servizi pubblicitari online sono al centro del modo in cui Google e gli editori monetizzano i propri servizi online. Google raccoglie dati da utilizzare per scopi pubblicitari mirati, vende spazi pubblicitari e funge anche da intermediario pubblicitario online. Quindi Google è presente a quasi tutti i livelli dell’offerta della catena per la pubblicità display online. Siamo preoccupati che Google abbia reso le cose più difficili per i rivali online sui servizi pubblicitari per competere nel cosiddetto ad tech stack”, aggiungendo poi che “la parità di condizioni è essenziale per tutti nella catena di fornitura” e “la concorrenza leale è importante sia per gli inserzionisti che per raggiungere i consumatori sui siti degli editori e agli editori per vendere il loro spazio agli inserzionisti, per generare entrate e finanziamenti per i contenuti”.
Insomma, è tempo di ripresa, di innovazione e digitalizzazione, ma nel rispetto dei principi alla base delle democrazie europee.
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