Il dato sugli italiani che si imbattono nelle fake news è inquietante. È quello che emerge dal secondo rapporto Censis-Ital Communications, presentato giovedì 14 luglio in Senato.
Secondo lo studio, il 57,7% degli italiani lamenta di avere idee vaghe e confuse riguardo la guerra in Ucraina. L’83,4% dichiara che negli ultimi due anni si è imbattuto in notizie false sulla pandemia ed il 66% in fake news sulla guerra. Inoltre, il 64,2% degli italiani ritiene che durante l’emergenza sia stata privilegiata la spettacolarizzazione e la voglia di fare audience piuttosto che un’informazione tesa alla comprensione dei problemi.
Il rapporto sulla “buona comunicazione dell’emergenza quotidiana”, dell’Osservatorio permanente Censis-Ital Communications evidenzia un altro elemento fondamentale. Le emergenze generano una domanda di informazione a 360 gradi e nessuno ne è escluso.
In questi termini è importante saper distinguere le notizie e i professionisti del settore giocano un ruolo centrale. La comunicazione ha il compito di ridurre il rischio di fake news.
Di fronte alla confusione informativa, il 45,5% degli italiani si rivolge a fonti informali di cui si fida di più. Ma è proprio in questi contesti che si producono e diffondo notizie false, attraverso post, like e condivisioni.
Tra le persone di cui gli italiani si fidano di più ci sono gli influencer, sempre più al centro del mondo della comunicazione. Il 38,1% nel nostro paese li segue anche riguardo le notizie sulla guerra.
Per porre un freno a disinformazione e fake news occorrono regole più severe per piattaforme e social network. La capacità di comunicare è essenziale per gestire le emergenze e creare un clima di collaborazione e fiducia fra cittadini e istituzioni.
In tal senso, come detto, i professionisti del settore giocano un ruolo cardine. C’è bisogno che siano loro a guidare le aziende e le istituzioni nella comunicazione, per combattere la disinformazione. Nel 2021 in Italia sono attive 4.445 agenzie di comunicazione e pubbliche relazioni, con 8.290 professionisti. In media quindi, due addetti ad agenzia, troppo pochi per un settore sempre in mutazione.
“Con il Covid prima, con la guerra poi, – dichiara Massimiliano Valeri, direttore generale del Censis – web e social sono entrati a pieno titolo all’interno dell’ecosistema dell’informazione, e ci resteranno anche nel futuro. I professionisti dell’informazione devono prenderne atto e cercare modi per influenzare positivamente il web che è e deve rimanere uno strumento di libertà e di democratizzazione”.
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