Il tema della diffamazione a mezzo stampa è uno dei temi più dibattuti negli ultimi anni, senza aver trovato fino ad oggi una soluzione veramente adeguata e soprattutto aggiornata ai nuovi mezzi di informazione.
Con l’avvento di internet la situazione si è infatti ulteriormente complicata e ci si domanda come regolamentare il sistema in maniera efficace, affinché possa essere tutelata la libertà di espressione e di pensiero così come il diritto ad informare ed essere informati delle testate giornalistiche
Per entrare nel merito, il reato di diffamazione a mezzo stampa riguarda articoli con contenuto offensivo o con l’uso di espressioni lesive dell’altrui reputazione, ma anche provocata dal mancato accertamento del fatto, che è responsabilità del giornalista.
Il bisogno di aggiornamento della regolamentazione nasce da necessità di diversa natura. Lato editori è urgente intervenire per porre un argine all’ormai diffuso costume di usare la querela, il mezzo con quale si denuncia una presunta diffamazione, come deterrente alla pubblicazione di articoli su un determinato argomento. In questo secondo caso, qualora il fatto sottoposto a querela di diffamazione non sia basato su presupposti reali e concreti, la querela viene definita temeraria.
Il querelato può sempre presentare una controquerela, anche a fronte del danno ricevuto in termini pecuniari e d’immagine, ma l’iter è complesso, costoso e soprattutto molto lungo.
Esistono dei casi (molto rari) in cui d’ufficio il Tribunale ha aperto un iter per calunnia contro il querelante, perché la querela era stata giudicata non aver alcun fondamento. Come i lettori più esperti sanno, il reato di calunnia si configura quando una persona ne denuncia un’altra sapendo benissimo che il motivo della denuncia è falso.
L’unica legge finora in vigore che riguarda il reato di diffamazione a mezzo stampa è la Legge n. 47/1948, la prima legge che tratta di “Disposizioni sulla stampa”.
Agli articoli 11, 12 e 13 si analizzano i reati commessi con il mezzo stampa: in particolare nell’articolo 11 si afferma che i “responsabili del reato”, insieme all’autore, sono il proprietario della pubblicazione e l’editore. L’articolo 12 esplicita la “riparazione pecuniaria” del reato; la somma deve essere “determinata in relazione alla gravità dell’offesa e alla diffusione dello stampato”. Nell’articolo 13 si chiariscono le “pene per la diffamazione”, sia in termini di reclusione che di multa pecuniaria.
La pena ne è regolamentata in base all’articolo 595 del Codice Penale – che tratta del reato di diffamazione-, al comma 3 definisce la pena per il reato di diffamazione a mezzo stampa: “Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.”
L’iniziativa legislativa è del Senatore Giacomo Caliendo appartenente al Gruppo parlamentare Forza Italia-Berlusconi Presidente, membro della 2ª Commissione permanente (Giustizia) dal 23 marzo 2018.
Nel momento in cui verrà approvato da entrambe le Camere il Disegno di legge viene convertito in Legge, promulgata dal Presidente della Repubblica e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
È possibile leggere il testo integrale del Disegno di legge al seguente link: “Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47 […]”
In attesa di una nuova legge aggiornata che tratti il complesso tema della diffamazione a mezzo stampa, in Italia si sono susseguite una serie di Sentenze dei Tribunali e della stessa Corte di Cassazione su casi specifici che sono stati valutati negli ultimi mesi:
Il Tribunale di Milano, nella sentenza n. 1867 del 25/02/2019 sancisce che “nel caso di diffamazione a mezzo stampa, su richiesta del danneggiato può essere riconosciuta una somma a titolo di riparazione che non rientra nel risarcimento del danno né costituisce una duplicazione delle voci di danno risarcibile, ma integra una ipotesi eccezionale di pena pecuniaria privata prevista per legge, che come tale può aggiungersi al risarcimento del danno.”
La Cassazione civile, nella sentenza n. 4543 del 15/02/2019 afferma: “In tema di risarcimento del danno a causa di diffamazione a mezzo stampa, la ricostruzione storica dei fatti, la valutazione del contenuto degli scritti, la considerazione di circostanze oggetto di altri provvedimenti giudiziali (anche non costituenti cosa giudicata), l’apprezzamento, in concreto, delle espressioni usate come lesive dell’altrui reputazione, l’esclusione dell’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca e di critica costituiscono accertamenti di fatto, riservati al giudice di merito ed insindacabili in sede di legittimità, se sorretti da adeguata motivazione, esente da vizi logici e da errori di diritto.”
La Cassazione penale sez. V il 30/11/2018, nella sentenza n.2092 sancisce che “In tema di diffamazione a mezzo stampa, non costituisce reato la formulazione, nell’ambito di un’inchiesta giornalistica, di affermazioni e ricostruzioni che rechino valutazioni offensive della reputazione dei soggetti coinvolti, quando i dati di cronaca assumano una funzione meramente strumentale per supportare un giudizio critico di contenuto diverso e più ampio, di attuale e pubblico interesse; l’attualità della notizia deve, infatti, essere riguardata non con riferimento al fatto ma all’interesse pubblico alla conoscenza del fatto e, quindi, alla attitudine della notizia a contribuire alla formazione della pubblica opinione, di guisa che ognuno possa liberamente orientarsi, con la conseguenza che solo una notizia dotata di utilità sociale può perdere rilevanza penale, ancorché capace di ledere l’altrui reputazione, e tale utilità è necessariamente connotata dall’attualità dell’interesse alla pubblicazione.”
Un’altra sentenza, quella del Tribunale di Milano, la n. 4571 del 22/10/2018 chiarisce che “In tema di diffamazione a mezzo stampa, la mancata qualità di autore degli articoli non è rilevante in quanto, ai fini dell’integrazione della fattispecie, è sufficiente rivestire la carica di direttore responsabile secondo quanto previsto dalla L. 47/1948.”
In attesa di nuove disposizioni legislative, il quadro di riferimento rimane confuso e le sentenze nascono sicuramente con lo scopo di districare l’aggrovigliata matassa di situazioni che i giornalisti, i Direttori e gli editori si ritrovano ad affrontare ogni giorno per svolgere al meglio la loro funzione di cronaca e critica.
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