L’USPI associa i giornali locali, le testate di nicchia, le testate cooperative, i giornali di informazione diocesana, l’editoria digitale per intero e su questi settori ha promosso e firmato un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, al di là di ogni generica chiacchiera di maniera.
Ritorniamo sulla necessità, a proposito degli Stati Generali dell’editoria che inizieranno lunedì 25 marzo prossimo venturo, di analizzare e regolare un settore in maniera coerente. Abbiamo fatto cenno nell’articolo precedente al sistema dell’informazione giornalistica dal punto di vista della necessaria appartenenza all’Ordine, secondo le regole vigenti.
Bisogna tenere conto anche della necessità di salvaguardare e sviluppare il lavoro nelle imprese editoriali, tenendo conto delle dimensioni delle aziende e dei diritti dei lavoratori, giornalisti o grafici. La situazione attuale, migliorata dopo la stipula del Contratto Nazionale di Lavoro Giornalistico USPI – FNSI, prevede tutele adeguate per il lavoro giornalistico e garanzie di libertà e indipendenza dei giornalisti secondo le regole dell’Ordine.
Per gli editori, però, il problema non si pone mai dal punto di vista del rispetto dei diritti dei lavoratori, ma si pone sul costo del lavoro dipendente in un periodo di perdurante grave crisi del settore. L’idea di parlare di editoria, cartacea o digitale, senza tenere in grande considerazione la necessità di contemperare le esigenze di lavoratori e imprese, vorrebbe dire non avere proprio il senso delle necessità di un settore determinante per la formazione dell’opinione pubblica e quindi per l’assetto democratico del nostro paese.
Su questo punto, in particolare, è necessario ancora e più di prima l’intervento dello Stato, certamente non per creare caste di immeritevoli beneficiari, ma per sostenere il settore e l’occupazione. Nel 1981 la legge n. 416 fu varata proprio per permettere in prospettiva alle aziende editoriali di essere indipendenti dal sostegno pubblico. Per questo fu varato un programma quinquennale di sostegno reso in quel periodo inefficace dalle lungaggini sui decreti attuativi.
Il principio però era valido e continua ad esserlo ancora adesso: bisogna creare le condizioni per lo sviluppo e per l’uscita dalla crisi senza ulteriori perdite di posti di lavoro e senza assistere al crollo del sistema previdenziale dei giornalisti che avrebbe ripercussioni gravi sull’intero settore. Da questa necessità non si può prescindere.
L’USPI associa i giornali locali, le testate di nicchia, le testate cooperative, i giornali di informazione diocesana, l’editoria digitale per intero e su questi settori ha promosso e firmato un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, al di là di ogni generica chiacchiera di maniera sui settori. Da questo osservatorio privilegiato, che riceve i dati sullo sviluppo del contratto USPI e sulla perdurante crisi del settore è possibile notare l’attesa di tutti gli editori di risposte che vadano al di là di principi ideologici e di slogan, ma che servano a risolvere concretamente i problemi.
Abbiamo accolto con grande favore l’iniziativa degli Stati Generali dell’editoria, nella logica dell’ascolto delle necessità e del varo di provvedimenti richiesti dal settore. Non ci servono né teorie evolutive, soggette a smentite frequenti, né analisi proiettate a futuribili scenari. Più concretamente serve salvaguardare conti economici e stipendi, anche nella logica della filiera editoriale disastrata da una crisi che non accenna ad attenuarsi.