Secondo una recente statistica di Ipsos, soltanto 1 italiano su 2 è consapevole del funzionamento e dei rischi delle tecnologie deepfake. Eppure queste sono sempre più presenti nella nostra quotidianità.
L’Italia e il deepfake: a cosa prepararsi?
L’Intelligenza Artificiale (IA) è uno strumento ormai abbastanza conosciuto. Nelle varie forme in cui si manifesta, dalle raffigurazioni visive spesso usate come poster e copertine di romanzi, alle cover musicali fatte con l’ IA, è un prodotto di consumo abbastanza diffuso. E uno dei suoi aspetti più riconoscibili e utilizzati è la tecnica chiamata deepfake, un’imitazione verosimile e quasi perfetta della realtà.
Persone fotorealistiche, movimenti che ricordano quelli di una persona vera, imitazioni delle voci: in altre parole, falsità realizzate con l’IA. E come tutte le truffe, esso va valutato anche a livello giudiziario.
Un Paese che rimane indietro
Il 25 settembre si è svolta una conferenza a Roma, come parte di Esperienza Europa, dedicata all’argomento. Anche il Parlamento italiano sta pianificando una legge dedicata al deepfake, con la possibilità di farne un reato.
Il deepfake è stato utilizzato per numerosi reati, di natura finanziaria e mediatica. Esiste persino un reato in scala minore chiamato voice fishing, o vishing: l’imitazione di una voce altrui tramite l’IA, mandando finti messaggi vocali che fanno girare false notizie. Intimorisce anche l’uso del deepfake da parte della criminalità organizzata.
In Italia, il deepfake rappresenta una novità per buona parte del pubblico degli spettatori. Secondo un sondaggio Ipsos-Studio Previti, il nostro Paese è in indietro rispetto al resto dell’Europa. Nella media del Continente, il 51% degli intervistati vede una correlazione tra IA e fake news: in Italia siamo al 46%. Solo le imprese possiedono maggiore consapevolezza e già il 41% delle nostre società si sta impegnando per tenere d’occhio il fenomeno.
M.F.Z.