Quanto e come intervengono i social nella formazione dell’opinione pubblica? Come si confrontano le persone su queste piattaforme?
Uno studio coordinato da Walter Quattociocchi del Dipartimento di Informatica dell’Università Sapienza di Roma con la Fondazione ISI-Istituto per l’Interscambio Scientifico e le università di Brescia e Cà Foscari di Venezia cerca di dare una risposta a queste domande sulla base di un’analisi di oltre cento milioni di contenuti pubblicati tra il 2010 e il 2018 sui social network più popolari.
Il risultato? Facebook e Twitter sono i social network dove è più facile rimanere intrappolati all’interno di bolle ideologiche, anche dette ‘eco chambers’ (camere d’eco) in cui vengono condivise informazioni e opinioni dello stesso orientamento. La polarizzazione ideologica sui social network è un fenomeno ampiamente diffuso online che però sembra cambiare forma in base alle caratteristiche piattaforma utilizzata (oltre che dalle dinamiche degli utenti). Secondo la ricerca, infatti, la polarizzazione è maggiore quando i criteri di presentazione dei contenuti non possono essere facilmente modificati.
Per valutare come si caratterizza il consumo di contenuti online sui social, i ricercatori hanno analizzato più di cento milioni di contenuti (post, like, commenti e condivisioni) riguardanti argomenti controversi come aborto, vaccinazioni e possesso di armi. I contenuti provenivano da 4 piattaforme social: Facebook, Twitter, Reddit e Gab.
“In particolare – spiega Quattrociocchi – abbiamo osservato come, diversamente da Reddit dove gli utenti possono modificare il loro algoritmo di feed, l’aggregazione di utenti in gruppi omofili e l’esclusione di contenuti in opposizione caratterizzino il consumo di news online sia di Facebook sia di Twitter, nonostante utilizzino algoritmi diversi e facciano riferimento a tipologie di utenti diversi. Anche su Gab sono presenti dinamiche di polarizzazione fra gli utenti. Anche in questi gruppi la tendenza è quella di aderire a concezioni aderenti con la propria visione”.
Sembrerebbe, quindi, che gli algoritmi favoriscano le ‘echo chambers’ sui social, creando quindi un dibattito pubblico online fortemente polarizzato e che non permette effettivamente un confronto pluralista.