Editoria

Amazon vs DSA: rifiutata la definizione di ‘grande piattaforma online’

Amazon non vuole essere inserita nella lista delle grandi piattaforme, stilata dalla Commissione Ue, che devono rispettare le nuove norme dettata dal DSA.

Il Digital Service Act (DSA), entrato in vigore da qualche mese, impone una serie di obblighi agli OTT per tutelare gli utenti-clienti sul web. Ecco perché Amazon è andato direttamente dalla Corte di giustizia Ue per chiedere di annullare la decisione con cui la Commissione europea l’ha classificata tra le grandi piattaforme online che hanno l’obbligo di vigilare sulla pubblicazione di contenuti che incitino all’odio o diffondano disinformazione.

Cosa contesta Amazon

Per Amazon il DSA “è stato concepito per affrontare i rischi sistemici posti dalle grandi compagnie che hanno la pubblicità come prima fonte di reddito e che distribuiscono discorsi e informazioni. Come non è il caso di Amazon”.

“Il Digital Service Act è stato concepito per affrontare i rischi sistemici rappresentati da aziende molto grandi, che ricavano dalla pubblicità la fonte principale di guadagno e che distribuiscono contenuti e informazioni”, ha commentato il gigante dell’eCommerce tramite un portavoce.
“Siamo d’accordo con l’obiettivo della Commissione Europea e siamo impegnati a proteggere i clienti da prodotti e contenuti illegali. Tuttavia, Amazon non corrisponde a questa descrizione di una “piattaforma online molto grande” (Vlop) ai sensi del DSA e pertanto non dovrebbe essere designata come tale”.

“La stragrande maggioranza dei nostri ricavi proviene dalla nostra attività di vendita al dettaglio, non siamo il più grande rivenditore al dettaglio in nessuno dei paesi dell’Ue in cui operiamo e nessuno di questi più grandi rivenditori presenti in ogni paese europeo è stato designato come Vlop Se la designazione Vlop dovesse essere applicata ad Amazon e non ad altri grandi rivenditori dell’Ue, Amazon verrebbe ingiustamente colpita dalla normativa e costretta a soddisfare obblighi amministrativi onerosi che non avvantaggiano i consumatori dell’Ue”, ha concluso.

Irene Vitale

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