Siamo tutti d’accordo nel riconoscere il cambiamento avvenuto nel mondo dell’informazione dall’avvento del digitale.
Ma i dati in generale ci aiutano a capire nel dettaglio come questo cambiamento impatti realmente nella società italiana, come cambiano praticamente le abitudini di fruizione dell’informazione e come i cittadini si sentono di fronte ad un mutamento profondo che vede il calo costante e continuo della carta stampata, sistema tradizionale a cui le generazioni più grandi sono abituate da sempre.
Lo studio del Censis per Agi, dal titolo “I professionisti dell’informazione nell’era trans-mediatica: grado di fiducia, elementi critici e attese degli italiani”, contribuisce a questa riflessione con dati aggiornati e specifici sul pensiero degli italiani; ad illustrarlo il Presidente Censis Giuseppe De Rita con il direttore Agi Mario Sechi nel corso dell’evento “Il futuro dell’informazione: dalla storia d’Italia all’editoria 5.0” organizzato da Agi -Agenzia Italia-, presso il Piccolo Teatro Studio Melato di Milano, nella giornata di ieri.
Il primo dato riguarda le vendite dei quotidiani cartacei: nel 2007 erano letti dal 67% degli italiani, oggi raccolgono un risicato 37,4%. Nonostante questo calo vertiginoso nelle letture dei cartacei, “la maggioranza degli italiani ritiene che la navigazione casuale in internet non possa sostituire la lettura sistematica di un quotidiano”, precisamente il 52,7%. La domanda sorge spontanea: se questo è il pensiero, perché non si comprano più quotidiani cartacei? La risposta che lo studio prova a dare è quella che spiega la certa consapevolezza degli italiani che si tramuta in un “vorrei ma non posso” (o “non ce la faccio” o “non è nelle mie priorità”) se si parla dell’atto pratico di acquisto.
In generale, il sentiment nei confronti dell’informazione è negativo. Il 69% degli intervistati è convinto che “la capacità di raccontare, la completezza, il pensiero critico, la serenità di giudizi” siano prerogative esclusive dei giornalisti, ma allo stesso tempo il 58,8% degli italiani (che arrivano al 62,9% tra i laureati) ritiene che gli stessi giornalisti siano più concentrati a scrivere per generare traffico, click e likes piuttosto che mirare a fornire una corretta informazione.
Sono necessari vari elementi per riscattare la professione e l’informazione in generale: recupero reputazionale, rigore professionale, maggiore dialogo e scambio con i lettori e capacità di adattamento al nuovo contesto. Gli italiani credono che sia possibile migliorare il modello informativo fino a farlo diventare accettabile.
L’altro dato interessante che emerge dalla ricerca, riguarda la convinzione della maggior parte degli intervistati, che la tecnologia e l’automatizzazione dei sistemi non possano effettivamente sostituire il lavoro giornalistico, fatto di cronaca ma soprattutto di critica: solo il 14%, pensa che questo possa avvenire con successo, il 42,8% lo ritiene “inquietante”. Il 48% sono invece favorevoli all’automatizzazione dei contenuti, ma solo in alcuni ambiti informativi, come ad esempio le previsioni del tempo, la borsa, gli eventi sportivi e i risultati elettorali.
Inoltre, non poteva non essere chiesto agli intervistati un parere sulle fake news: il 77,8% di loro credono che siano realmente pericolose “perché ne siamo tutti in qualche modo vittime”. Il Censis ha inoltre rilevato che a più della metà degli utenti italiani di internet è capitato di dare credito a notizie false circolate in rete. le persone più istruite che hanno preso parte alla ricerca, denunciano inoltre che le fake news sul web vengano create ad hoc per alimentare il dibattito politico e per consolidare alcune derive populiste (69,4%).
Alla luce dei dati presentati, il Direttore Agi Mario Sechi spiega nel suo intervento: “Da questa ricerca emerge chiaramente il ruolo delicatissimo di noi professionisti dell’informazione, in bilico tra la questione della disintermediazione e il mercato delle notizie, sempre più competitivo e alimentato da esigenze di immediatezza, straordinarietà, appeal del contenuto. Gli italiani ci lanciano un messaggio chiaro e preciso: abbiamo bisogno di voi, ma dovete cambiare. Ed è proprio in questa direzione che Agi intende procedere, con un modo di fare e raccontare l’informazione più vicino ai lettori, alle aziende, alle istituzioni. […] Siamo pronti a far cambiare idea agli italiani!”.
Presente anche il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Informazione e all’Editoria Andrea Martella che ha presentato il nuovo piano del Governo “Editoria 5.0” per aiutare concretamente il settore, con il forte sostegno dell’intervento statale: “Il sistema editoriale attraversa da almeno un decennio una crisi finanziaria profonda, che ha ormai assunto caratteri strutturali. Allo stesso tempo sono mutati i suoi connotati fondamentali. Con riferimento all’informazione primaria, la sua natura di bene pubblico non solo giustifica, ma implica necessariamente un intervento statale. Il mio impegno sarà orientato a verificare tutte le possibili soluzioni, anche di natura legislativa, idonee ad assicurare il necessario sostegno al comparto delle agenzie di stampa, nel rispetto del principio del pluralismo dell’informazione”.
Quali sono le soluzioni proposte dai lettori? O quantomeno le proposte per migliorare il sistema? Gli italiani sono possibilisti, si può ancora credere nella rinascita di un giornalismo di qualità. Secondo il 63% degli utenti, e soprattutto per le donne (66,3%), serve un maggior dialogo con i lettori per favorire lo scambio di idee e opinioni, creando communities online.
La riflessione finale della ricerca, in conclusione, afferma che la “trasformazione di un modello di business non necessariamente sottrae ogni spazio ai suoi veri protagonisti. Semplicemente li pone di fronte ad un cambio di paradigma rispetto al quale occorre adattarsi senza tuttavia «perdere l’anima»”.
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