“Più avanti si va più ci si arricchisce di contenuti” così il Sottosegretario con delega all’editoria Vito Crimi commenta durante l’ottavo incontro degli Stati generali dell’editoria.
Il titolo “Le imprese editoriali nell’era di internet: evoluzione e tenuta del sistema” riassume puntualmente l’oggetto dell’incontro che ha visto protagonista un numero importante di editori, i quali hanno preso la parola dopo gli interventi del Sottosegretario con delega all’editoria Vito Crimi, del Capo Dipartimento Ferruccio Sepe, di Matteo Bonelli, Avvocato esperto in Diritto Societario e di Ruben Razzante, Professore di Diritto della Comunicazione per le imprese e i media e di Diritto dell’Informazione Università Cattolica di Milano.
Gli intervenuti hanno avanzato la richiesta di un tavolo permanente con il governo, insieme a FIEG, per disegnare la riforma del settore, e per la riforma di quel fondo per il sostegno al pluralismo da cui dipendono le sorti della maggior parte di loro.
Crimi ha quindi riconosciuto il ruolo economico e sociale della stampa legata al territorio, pur continuando a respingere le richieste di moratoria dei tagli ai contributi diretti, che entro il 2022 porteranno all’azzeramento dei contributi superiori ai 500 mila euro. “Io mantengo il punto. Intenzione del governo non è chiudere i rubinetti ma trovare strumenti migliori e più efficienti per affrontare la crisi. Se siamo qui significa che i metodi utilizzati finora non sono stati poi così efficaci. Finora si è dato sostegno all’editore, piuttosto che al sistema nel suo complesso. Ora vogliamo e dobbiamo capire come cambia il mondo dell’informazione. Paradossalmente con questo percorso di riduzione dei contributi liberiamo più risorse per la stampa locale: se dobbiamo privilegiare qualcuno penso sia proprio questa” ha spiegato il Sottosegretario.
Un interessante studio sulle politiche di sostegno all’editoria nei principali paesi europei è stato presentato da Ferruccio Sepe: otto mesi di lavoro per studiare e comprendere le forme di sostegno, le tipologie dei destinatari, il valore economico dei contributi e le finalità degli stessi. Le fonti, chiarisce Sepe, sono le ambasciate estere in Italia e due studi sull’argomento: uno tradotto e disponibile sul sito del DIE, aggiornato però al 2011 (dal titolo Public support for the Media: a Six-Country Overview of Direct and Indirect Subsidies) ed un dossier, ancora non tradotto, che riguarda la situazione contributi nei paesi del nord Europa (quest’ultimo più affidabile perché aggiornato al 2018). Ciò che emerge dalla ricerca riguarda l’esistenza di tipi diversi di sostegno all’editoria i quali però mirano tutti alla tutela del pluralismo dell’informazione come valore primario del sistema democratico.
Lo studio porta con sé una valutazione di tipo comparatistico: siamo davvero il paese che offre più sostegno (diretto o indiretto) ai soggetti del settore? Da ciò che emerge dalla ricerca, la risposta è indubbiamente no.
Durante l’incontro Vito Crimi, sul tema degli investimenti pubblicitari, ha inoltre dichiarato che presto verrà presentato un ddl per la stabilizzazione del credito imposta: “La norma c’è, la relazione tecnica c’è, la copertura finanziaria pure, avevamo anche la bollinatura della Ragioneria dello Stato. Insomma noi siamo pronti. Rinnovo il mio impegno a rendere stabile la forma del credito di imposta per gli investimenti pubblicitari incrementali. Anche attraverso lo strumento di un disegno di legge, il cui percorso appare molto semplice vista la grande unità di intenti e l’ampia condivisione, anche da parte delle opposizioni, che esiste su questo argomento”.
Anso, Associazione Nazionale Stampa Online, chiede “parità di diritti, oltre che di doveri, ai quali già ottemperiamo” e maggiore libertà di accesso ai fondi.
Gli Assografici avanzano la domanda di allargare il bonus cultura per i 18enni anche all’acquisto di quotidiani e periodici e la richiesta di sostenere l’industria per processi di riconversione e formazione del personale.
“Una richiesta che nasce soprattutto dal fatto che alcuni editori hanno deciso di non aderire, o uscire da Promopress, e stanno attivando con noi un dialogo per compensi di copyright su valori e livelli assolutamente non sostenibili per le nostre aziende” spiega l’amministratore delegato di Mimesi, Marina Bonomi.
Il proprietario di Telpress, Pasquale D’Innella aggiunge poi: “Noi per i nostri clienti non facciamo operazioni di distribuzione di informazioni e non facciamo pubblicità. Noi siamo attivi nella gestione delle crisi. Il 70% dei nostri clienti provengono dallo Stato, e offriamo loro analisi dell’informazione, strumenti per decisioni aziendali competenti e fatte in consapevolezza. Noi non vendiamo giornali in piazza”.
Sulla nuova direttiva Ue sul copyright, lo stesso D’Innella aggiunge: “Noi chiediamo che quelle norme vengano effettivamente applicate” ma anche che “non si consideri il nostro lavoro come parassitario, anzi è un lavoro che contribuisce a far vendere copie, le nostre rassegne non sostituiscono i giornali”.
Sullo stesso tema Mauro Stoico, country manager di Kantar Media, una multinazionale che si occupa di rassegne stampa, espone le sue perplessità e lancia una provocazione: “Non sappiamo a chi dobbiamo dare il compenso per i diritti d’autore. È un paradosso. Come mai oggi qui non è venuto nessun editore a reclamare il suo diritto per il lavoro che noi svolgiamo? E non parlo del diritto d’autore in base alla direttiva Ue, ma del diritto d’autore sulla stampa italiana. L’Italia è la pecora nera in Europa in termini di diritto d’autore”.
L’incontro completo è stato filmato e caricato sul sito del DIE.
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