Due dati allarmanti: il 55% delle vittime in Paesi che non sono in guerra; e un aumento della percentuale di uccisioni di giornaliste donne.
Il 1° novembre scorso è stato pubblicato il Rapporto Unesco sulla sicurezza dei giornalisti e il rischio dell’impunità (265828e).
Il Rapporto fornisce, con cadenza biennale, una panoramica dei dati raccolti dall’UNESCO sulle uccisioni di giornalisti avvenuti tra il 1 ° gennaio 2016 e il 31 dicembre 2017. Inoltre, il Rapporto analizza lo stato delle indagini giudiziarie sulle uccisioni registrate dall’UNESCO dal 2006, in base alle informazioni fornite dagli Stati membri.
Tra il 2016 e il 2017, l’UNESCO ha registrato le uccisioni di 182 giornalisti, dato che segna una lieve diminuzione del numero di vittime rispetto al precedente biennio.
Nel 2017, il maggior numero di omicidi è avvenuto Asia (34% di tutti gli omicidi), seguita dal Sud America e Caraibi e, quindi, dagli Stati Arabi (31%). Messico e Afghanistan sono i Paesi che hanno mietuto più vittime: rispettivamente 26 e 24.
La maggioranza di giornalisti (il 55%) nel 2017 è stata uccisa in Paesi fuori dalle zone di conflitto armate. Molti di quei giornalisti stavano riferendo su argomenti relativi alla corruzione, alla tratta di esseri umani e ai reati politici. In linea con le osservazioni degli anni precedenti, i giornalisti locali rimangono la stragrande maggioranza delle vittime. I più colpiti sono i giornalisti che lavorano per le televisioni, soprattutto nelle zone di guerra e che si occupano dei conflitti come in Afghanistan, Iraq, Siria e Yemen. Nel 2018 si contano 88 reporter uccisi, numero superiore al totale registrato nel Report del 2016.
Oltre agli omicidi dei protagonisti dell’informazione, secondo il Rapporto Unesco, anche gli informatori subiscono minacce e violenze di vario tipo.
Anche se viene segnalata una percentuale leggermente superiore di casi è stata come risolta (l’11% dei casi, rispetto all’8% dei casi nel 2016), l’impunità legale per i responsabili è ancora la norma. Il 90% delle vittime di casi impuniti sono reporter locali, la cui morte, si legge nel Rapporto, riceve “molta meno attenzione da parte dei media di quella data ai giornalisti e ai corrispondenti esteri”.
L’UNESCO lamenta, poi, una regressione del tasso di risposta degli Stati membri alla richiesta del direttore generale di informazioni sul seguito giudiziario delle uccisioni di giornalisti. Tuttavia, anche se il tasso di risposta degli Stati membri è diminuito di 10 punti percentuali (dal 74% nel 2017 al 64% nel 2018), 15 Stati membri hanno seguito l’invito del direttore generale a fornire informazioni sulle misure positive adottate per affrontare la sicurezza dei giornalisti e l’impunità.
Il Rapporto segnala, infine, la creazione di un Observatory of Killed Journalist, organismo responsabile dell’analisi degli attacchi contro i difensori dei diritti umani e dei giornalisti, a supporto delle persone minacciate.
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