Lo scorso 5 febbraio sono iniziati i lavori, presso Palazzo Chigi, sulla grave crisi dell’Istituto di previdenza dei giornalisti.
Il tavolo tecnico, convocato dal Premier Conte, si è aperto con un incontro di avvio, in cui “è stato ribadito che le criticità del bilancio dell’lnpgi derivano esclusivamente dalla crisi strutturale dell’editoria che ha provocato l’emorragia di iscritti e contributi”.
Alla riunione erano presenti, insieme al Presidente del Consiglio Conte, il Sottosegretario all’Editoria, Andrea Martella, il Ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, il Sottosegretario al Lavoro, Francesca Puglisi, la Presidente Inpgi, Marina Macelloni, accompagnata dal Direttore Generale dell’Istituto, Mimma Iorio.
Da Palazzo Chigi si sottolinea che “i partecipanti hanno condiviso l’obiettivo di monitorare e accompagnare, con il supporto di tutte le amministrazioni interessate, il processo che deve condurre alla messa in sicurezza delle prestazioni previdenziali dei giornalisti”.
In ogni caso, il primo incontro è stato definito dalla Presidente Inpgi Macelloni come “molto positivo”. Già dal prossimo, fissato per giovedì 13 febbraio, si entrerà nel merito delle problematiche previdenziali e “saranno individuate le soluzioni per garantire la sostenibilità futura della previdenza dei giornalisti”, chairisce Macelloni.
Una delle soluzioni più volte auspicate dai vertici Inpgi, perché ritenuta fisiologica, è l’allargamento della platea degli iscritti ai comunicatori -già previsto dal 2023- e insieme a loro di tutti coloro che lavorano nel mondo dell’informazione, risoluzione però contrastata dai comunicatori.
Per Macelloni il modello della previdenza privata “finora ha funzionato benissimo, ora occorre rendere questo modello più aderente alla realtà del lavoro che cambia”.
L’andamento della spesa sostenuta dall’ente per la disoccupazione e gli ammortizzatori sociali è stato esaminato il 3 febbraio scorso dal Consiglio d’Amministrazione dell’Istituto, arrivando alla conclusione che l’Inpgi ha erogato 128 milioni di euro negli ultimi 5 anni per i secondi, somma che sale a 260 milioni di euro nel decennio 2009-2019. “Più nel dettaglio, dal 2010, anno dal quale le aziende hanno fatto ricorso in modo massiccio ai prepensionamenti si è manifestata una progressiva crescita della spesa che ha raggiunto il suo apice nel 2016, con un aumento per gli assegni per cassa integrazione, in quell’anno, pari al 550% circa e con una crescita dei contratti di solidarietà nell’ordine del 700% circa”.
“Dal 2017 si registra invece una flessione delle richieste e dei costi complessivi, legata alla revisione della normativa in materia di riconoscimento in sede ministeriale degli stati di crisi aziendale, che ha fissato criteri di valutazione, circa la ricorrenza dei requisiti e dei presupposti per l’accertamento della crisi, decisamente più rigidi e aderenti alla realtà. In particolare si è eliminata la fattispecie della “crisi prospettica”, che consentiva anche alle imprese con bilanci tecnicamente non in rosso di accedere alle misure assistenziali anche solo in presenza di semplici “flessioni” degli indicatori contabili”. L’Inpgi poi continua: “Per effetto del rientro del volume dei costi degli ammortizzatori nel loro complesso la relativa gestione è ormai sotto controllo e presenta, un saldo positivo che genera un avanzo pari, nel 2018, ad euro 9,6 milioni, destinato – sulla base degli ultimi assestamenti contabili – ad incrementarsi ulteriormente nel 2019”.
Gli incontri tra il Governo e l’ente continueranno nei prossimi mesi, ma il rischio di commissariamento è ancora presente se non verranno trovate soluzioni adatte entro il 30 giugno prossimo.