A neanche una settimana dall’elezione, il neo presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Bartoli, è già alle prese con forti frizioni interne.
La mozione di sfiducia (con tanto di esposto al Ministero della Giustizia) è stata già presentata dall’opposizione. Il motivo? “Una gravissima violazione della tutela di genere e la manifesta incapacità ad assicurare la fondamentale funzione di vigilanza della disciplina deontologica della categoria”, spiega una nota sottoscritta da tutta la minoranza.
La votazione per il Consiglio di Disciplina
Nella stessa nota, viene spiegata la situazione che avrebbe portato all’immediata discussione tra le parti: “Senza rispettare la norma del regolamento che prevede l’annuncio – da parte dei consiglieri nazionali che intendono candidarsi a svolgere il ruolo di membri del Consiglio di Disciplina – della propria disponibilità a svolgere quel ruolo, con successiva informazione al consiglio dei nomi dei candidati, il presidente Bartoli ha avviato le operazioni di voto. Le preferenze espresse dalla maggioranza sono poi confluite sui nomi delle uniche due consigliere donne schierate in opposizione, con l’implicito, ma evidente obiettivo di espellerle forzatamente dal consiglio nazionale, in virtù della norma che prevede la cessazione dell’appartenenza al consiglio nazionale per chi svolge le funzioni di membro del consiglio di disciplina”.
Per l’opposizione, “un comportamento dettato verosimilmente dall’incapacità della maggioranza di trovare all’interno delle proprie fila colleghi disponibili a rinunciare alle proprie prerogative consiliari per svolgere le funzioni disciplinari. Un atteggiamento discriminatorio volto a tutelare l’esiguo scarto numerico a favore della maggioranza in consiglio, estromettendo dall’assemblea alcuni consiglieri di minoranza, tanto più violento in quanto declinato in una logica di genere esercitata in modo brutale, al solo fine di garantire le quote di genere a scapito dell’effettiva volontà delle interessate ad ambire a un ruolo diverso da quello ricevuto dal mandato elettorale”.
La nota prosegue spiegando che “l’episodio è stato reso ancora più grave dal fatto che le colleghe Margherita Agata e Anna Scafuri sono state votate non solo a loro insaputa, ma anche contro la loro esplicita volontà. Un particolare rende ancora più chiaro, oltre che deplorevole, quanto accaduto: la chiamata del voto è iniziata proprio con la consigliera Agata che, come tutti gli altri consiglieri di opposizione, ha dichiarato addirittura di non partecipare al voto per protesta contro l’atteggiamento arrogante e non inclusivo tenuto sino a quel momento dalla maggioranza. Dichiarazione resa anche dalla consigliera Scafuri allorché è giunto, scorrendo l’ordine alfabetico, il suo turno di votare i membri interni al CNOG del consiglio di disciplina”.
“Nonostante la volontà esplicitamente espressa dalle due consigliere, sui loro nomi sono piovute decine di voti, determinandone l’elezione, forse perché chi le ha votate ignorava che la stessa poteva non essere accettata. Un comportamento che ha mortificato e profondamente turbato le dirette interessate, determinando anche la solidale indignazione degli altri colleghi e che va pubblicamente stigmatizzato”, spiega infine la nota.
E in chiusura: “Chi intende governare la categoria in modo non inclusivo e a colpi di maggioranza, deve anche sapersi caricare la responsabilità dei compiti più gravosi (oltre che essenziali) che attengono alle funzioni ordinistiche”.