Il monopolio di Google negli USA pare essere in pericolo. Secondo il Financial Times, il Governo starebbe valutando la possibilità di mettere fine alla supremazia dell’azienda nel settore delle ricerche online.
Ad agosto, infatti, dopo 4 anni di causa, i procuratori federali hanno riportato una vittoria significativa sul colosso. Google è stato, infatti, accusato di essere “monopolista” per la violazione della Legge antitrust statunitense. Nel 2025 il giudice si esprimerà sui possibili rimedi e sulle sanzioni comminate a Google per l’abuso di posizione dominante.
Facendo seguito all’inedita sentenza di agosto del giudice distrettuale Mehta, martedì scorso il Dipartimento di giustizia ha ipotizzato una soluzione “spezzatino” per il colosso. Si valuta, infatti, la possibilità di smembrarlo per porre fine al monopolio di Google. La decisione riguarderebbe il search (ne controlla il 90%) e il digital advertising, settori nei quali eccelle per qualità e popolarità. In passato, a parte alcune multe nel territorio Ue, a Google sono stati richiesti solo dei correttivi, senza mai arrivare a condanne del suo business model.
La recente sentenza, di portata storica, potrebbe avere un impatto significativo anche su altre cause in corso contro Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia. Alcuni analisti, però, ritengono che il timore per l’espansione cinese giocherà a favore dei colossi. Difficilmente, infatti, si rischierà di indebolire le Big Tech sullo scacchiere internazionale, dato che giocano un ruolo di primo piano anche dal punto di vista militare.
Si profila la possibilità che il mondo politico statunitense – se permarrà un’ostilità bipartisan per lo strapotere di queste aziende – approvi prima o poi una nuova legislazione che risponda ai profondi cambiamenti del comparto. Diversamente, potrebbe toccare alla Corte Suprema esprimersi al riguardo.
Non è escluso, infine, che a interrompere il monopolio sarà l’AI, ma per il momento i costi sono molto elevati e permane il problema delle cosiddette “allucinazioni” (hallucinations).
Restano da temere, però, le acquisizioni delle AI startup da parte delle Big Tech. In particolare, ci si riferisce a quelle nel formato innovativo talora denominato “acqui-hires”, spesso utilizzato da Microsoft, Alphabet-Google e Amazon. In questi casi l’impresa da acquisire viene lasciata in vita con gli azionisti esistenti e remunerata per il know-how che può mettere a disposizione, ma depredata del gruppo dirigente e di parte del personale, assorbiti dall’acquirente.
Articolo di M. P.
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