Speciale “Le epoche” – Parte III

di F. S. Vetere

Riportiamo in questo speciale, un articolo del marzo 2000 nel quale affrontavamo il tema dello sviluppo della nuova “stampa online”. In quel periodo storico facemmo una forzatura perché le testate online non erano ancora considerate prodotti giornalistici da parificare alla stampa tradizionale.

Eppure, era semplice rendersi conto che il futuro sarebbe andato in quella direzione e che l’informazione sarebbe stata veicolata dal nuovo mezzo e sarebbe stata sicuramente appannaggio della rete. Si badi bene che in quel periodo non erano ancora nati gli smartphone, che avrebbero aumentato in modo esponenziale la fruibilità dell’informazione online.

All’epoca auspicavamo una regolamentazione pubblica destinata a proteggere la nuova informazione, a generare i presupposti per l’erogazione dei contributi anche ai nuovi prodotti e, quindi, a favorire la crescita delle possibilità informative dei cittadini e anche a garantire la qualità dei giornali online.

È stata più lunga di quello che avremmo mai immaginato perché c’era sempre qualche improvvisato interprete e qualche lobbysta storicamente in mala fede che cercavano di frenare la parificazione. In realtà il tema era quello dei soldi pubblici che sarebbero dovuti andare sempre ai soliti noti, possibilmente grandi giornali, e giammai a soggetti che ne avrebbero avuto realmente bisogno per crescere. Ma questa è una storia vecchia che adesso fa anche sorridere, pensando al declino strutturale del settore (secondo l’ultima analisi di AGCOM).

Quindi, decidemmo di associare i giornali online per lavorare insieme a loro, ricevere indicazioni dalla sensibilità dei nuovi editori e imparare, perché avevamo soprattutto bisogno di imparare come questo nuovo mondo si muovesse, quale fosse la sua mentalità e se tutto fosse provvisorio o destinato a stabilizzarsi nel tempo.

Era destinato a durare, ma con continui cambiamenti e trasformazioni. Sono nate moltissime testate online e mi riferisco ai giornali locali che hanno inteso valorizzare la nobiltà e la tradizione del prodotto “giornale”. Sono nati giornali nazionali molto importanti, di ottima qualità, che vengono sempre più ascoltati dai lettori e un po’ meno dalle istituzioni e dalla classe politica che, in alcuni casi, sembra vivere nel XX secolo.

Ma la trasformazione ha determinato conseguenze difficilmente prevedibili nel 2000. Per esempio, molti giornali di nicchia a contenuto informativo sono diventati siti internet e sulla rete hanno perso la qualifica di giornale, cioè di testata registrata, pure producendo un qualcosa di analogo, simile, praticamente uguale al giornale cartaceo. Quindi la stampa periodica ha perso numeri perché nel mondo offline qualunque prodotto doveva essere registrato, mentre invece nel mondo online questa necessità non c’è.

Sono nati blog, pagine social, piattaforme informative, podcast e altro a contenuto informativo e giornalistico ma non soggetti a registrazione, pur svolgendo esattamente la stessa funzione che svolgevano i periodici (ricordo sempre, perché evidentemente ce n’è bisogno, che quando si parla di periodici si intende quei prodotti editoriali che vanno dal quotidiano all’annuario, cioè si parla di prodotti editoriali che escono periodicamente, non una volta sola come i libri, come chiaramente indicato dal quinto comma dell’articolo 21 dalla Costituzione).

In questi prodotti editoriali lavorano i giornalisti che fanno, di principio, esattamente le stesse cose che facevano nella stampa cartacea. Infatti, l’Ordine nazionale dei giornalisti ha provato a superare già dal 2022 il concetto di testata ai fini del praticantato. Iniziativa concettualmente giusta, che andrebbe però eseguita attraverso una legge dello Stato.

Dunque, stiamo uscendo dall’ambito della testata giornalistica registrata per arrivare alla logica del contenuto informativo e/o giornalistico. La domanda che ci dobbiamo porre è: questa informazione veicolata sulla rete attraverso social media, siti o piattaforme è concettualmente diversa rispetto all’informazione tradizionale?

A nostro avviso è sicuramente diversa quanto ai modi di produzione e alle forme in cui viene proposta al pubblico, ma non è affatto diversa dal punto di vista concettuale. È informazione a pieno titolo ed è compito dell’USPI rappresentarla, facendo anche presente agli editori di questi prodotti che nel momento in cui offrono lavoro giornalistico e si avvalgono di tale lavoro sono chiamati ad applicare trattamenti economici e normativi in linea con i contratti giornalistici. In particolare, il nostro contratto giornalistico di riferimento è il FIGEC CISAL – USPI, creato appositamente per venire incontro alle esigenze di un settore in continua trasformazione.

Nel momento in cui USPI decide di associare questi nuovi editori, evidentemente, ritiene che tutti quelli che producono informazione debbano applicare le regole generali del settore, come per esempio la Carta dei Principi USPI.

È un’altra epoca, quella in cui passo dopo passo si sgretola il sistema editoriale che si è sviluppato a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Ormai ci si interroga sull’intelligenza artificiale (IA) e sulla possibilità dell’IA di sostituire i giornalisti. Sarà ancora un altro passo sul quale noi francamente non agiremmo pensando di fermare il progresso ma di coglierne tutte le possibilità di sviluppo, nella consapevolezza che la tecnologia ha sempre e da sempre generato delle trasformazioni nel lavoro degli esseri umani. Non crediamo proprio che l’IA sostituirà completamente il giornalismo tradizionale ma il fatto che tenderà a far calare il numero dei giornalisti è ormai acclarato e basta guardare fuori dai nostri confini per capire a che punto siamo.

Se qualcuno pensa di ritardare il progresso saremo costretti ad assistere al solito penoso trascinamento del vecchio già verificatosi con la parificazione dei giornali online.

Il problema è che il tempo passa anche per noi e vorremmo che le cose, una volta tanto, fossero capite in tempo

uspi

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