Sembra già essere diventato un problema vecchio come il mondo: dove finisce la regolamentazione e dove inizia la censura sul web?
Questione scivolosa e complessa che fa discutere e che ancora non ha visto una soluzione che possa accontentare tutti. Uno Stato può controllare cosa viene scritto sul web (bugie -o fake news come vengono chiamate online- comprese)? Ha questo diritto?
L’UE sta cercando un modo per affrontare il problema, soprattutto sulle piattaforme online che veicolano la maggior parte dell’informazione fruita quotidianamente dai cittadini del Vecchio Continente. La Vicepresidente della Commissione europea, Vera Jourova, ha dichiarato che “la regolamentazione delle piattaforme digitali farà parte del Piano d’azione per la difesa delle democrazie europee e la lotta alla disinformazione”.
Ancora non si sa nel dettaglio in cosa consisterà questo Piano d’azione. Nel concreto, prevederà delle misure che riguardano 3 punti chiariti dalla stessa Jourova: “Voglio che il Piano raggiunga obiettivi chiari: rafforzare il settore dei media, rendere le piattaforme più responsabili e proteggere il nostro processo democratico. Gli sforzi dell’Ue contro la manipolazione organizzata e la disinformazione devono essere “più maturi” e contribuire a creare un ecosistema digitale in grado di difendere e promuovere la democrazia da chi ha giocato con armi alterate”.
Ma andiamo per gradi. Il primo punto riguarda la pubblicità politica, che dovrà essere esplicita e riconoscibile e soprattutto, a pagamento. “Alcune campagne sono guidate a scopo di lucro, altre da “utili idioti” – ha detto Jourova riferendosi al modo algoritmico in cui i messaggi si diffondono sui social –. Quindi il mio obiettivo è anche quello di aumentare il costo delle campagne di disinformazione maligna. Oggi è semplicemente troppo economico”.
Il secondo intervento dovrebbe mirare ad aumentare la trasparenza sui dati e su come vengono usati. Il che significa capire chi compra i nostri dati e come li utilizza: “Abbiamo a che fare con un targeting molto preciso basato sul nostro comportamento. C’è una mancanza di trasparenza nel modo in cui il contenuto viene indirizzato a noi e che possiedono gli algoritmi” ha commentato Jourova.
La protezione e la valorizzazione dei media e dei giornali e l’alfabetizzazione e la lettura delle informazioni è l’ultimo punto del programma. “Mentire è un problema, ma il problema maggiore è che crediamo in quelle bugie. Dobbiamo sensibilizzare su come funziona la disinformazione e investire sull’alfabetizzazione mediatica”. È difficile, in ogni caso, fronteggiare la volontà di creare conferma di quel che già si pensa, procedimento mentale che muove la maggior parte degli “analfabeti funzionali” a credere a tutto ciò che leggono e per questo non c’è regolamento o programma che tenga.
Serve “un certo grado di regolamentazione”, a detta della Vicepresidente, anche se comprendere in che termini e di che tipo di regolamentazione si tratti è complicato. La linea è troppo sottile. “Dobbiamo spingerle a diventare più responsabili”, ha continuato, ma di nuovo però, la questione è esageratamente complessa, perché potrebbe presentarsi l’opzione che i governi non esercitino direttamente una censura ma, semplicemente, la deleghino alle piattaforme.
In ogni caso, per l’UE la questione è urgente e indispensabile.